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Finalmente l’Islanda ha detto stop alla caccia alle balene

È ufficiale: in Islanda, dal 2024, non sarà più possibile cacciare le balene. Secondo il governo non ci sono più ragioni [1] per rinnovare le autorizzazioni di pesca oltre la scadenza prevista nel 2023, dati anche il calo della domanda e l’economia altamente diversificata e redditizia islandese. L’Islanda è rimasto uno degli ultimi paesi al mondo, con Norvegia e Giappone, a praticare questa attività. Nel paese nordico è permesso cacciare fino a 209 esemplari di balenottera comune – il secondo mammifero marino più grande dopo la balena blu -, e 217 di balenottera minore, uno dei cetacei più piccoli. Tuttavia, le due più importanti imprese con licenza sono in crisi da tre anni per via della concorrenza delle baleniere giapponesi, e una di loro ha di recente dichiarato l’intenzione di sospendere del tutto le attività.

La caccia alle balene a fini commerciali era stata bandita nel 1986 dalla IWC (Commissione Baleniera Internazionale [2]). L’Islanda, però, si oppose e riabilitò la pratica nel 2006, vietando soltanto la cattura e l’uccisione della balena blu. Quella di oggi, quindi, è una notizia più che positiva, non solo per gli animali in questione, ma anche per gli ecosistemi marini, nei quali i grandi cetacei giocano un ruolo importantissimo [3]. Ma le ragioni che stanno dietro alla decisione islandese non hanno a che fare con l’ambiente, bensì col fatto che la carne di balena non sia più economicamente vantaggiosa come un tempo. Ogni anno, prima dello scoppio della pandemia, in Islanda venivano uccisi tra i 100 e i 200 esemplari, ma con la diffusione del coronavirus i numeri sono crollati: nel 2021 è stato ucciso un solo giovane esemplare. Se il paese nordico ha deciso di cambiare rotta, Norvegia e Giappone continuano a uccidere centinaia di balene, violando ogni anno la moratoria e motivando la caccia con presunti “scopi scientifici”.

[di Eugenia Greco]