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Argentina, nuovo accordo con l’FMI: la prima volta fu 20 anni fa e portò alla fame

Venerdì 28 gennaio il Presidente argentino Alberto Fernández ha annunciato la sottoscrizione di un accordo di restituzione del debito di 44 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), contratto dal governo liberista del suo predecessore Mauricio Macri. Sebbene il Presidente assicuri che l’accordo preveda condizioni vantaggiose per lo sviluppo dell’Argentina, il pagamento del debito estero non potrà che soffocare ulteriormente un’economia duramente provata dalla pandemia e da altri debiti internazionali.

«Vorrei annunciare che il Governo dell’Argentina è giunto a un accordo con il Fondo Monetario Internazionale»: così ha iniziato il suo discorso [1] alla nazione il capo di Stato argentino Alberto Fernández, in un video messaggio nel quale ha descritto per sommi capi l’accordo sottoscritto con il FMI. Questo, dichiara Fernández, costituisce «la soluzione» per l’Argentina, perché «a differenza di accordi precedenti, questo non prevede restrizioni che precludano il nostro sviluppo». Secondo il Presidente, questo accordo non andrà a impattare sui servizi pubblici o sulle possibilità di sviluppo del Paese, ma permetterà «il recupero economico già avviato» e «sposterà gli investimenti nelle opere pubbliche». «Senza l’accordo, le possibilità commerciali, economiche e di finanziamento di cui la nostra nazione ha bisogno sarebbero seriamente limitate» ha affermato Fernández, che promette all’Argentina di poter mantenere intatta la propria sovranità nazionale e le possibilità di sviluppo.

La prima tranche di questo pagamento (una cifra senza precedenti nella storia del Paese) sarà restituita con un pagamento di 731 milioni di dollari, interamente di interessi. Per il resto, a distanza di tre giorni dall’annuncio ancora non sono state chiarite le modalità di pagamento del debito: secondo gli analisti si è infatti giunti solo a una “comprensione dei temi generali”.

Non vi è, tuttavia, unanime entusiasmo da parte della popolazione argentina. “Non c’è né ci sarà mai nulla di buono con il FMI. Nessun problema sarà risolto. O per caso l’accordo fermerà l’inflazione, la povertà o la diminuzione dei salari e delle pensioni?” scrive il Fronte di sinistra [2], coalizione di partiti di sinistra del Paese. Per di più si tratta di un accordo firmato nel bel mezzo della pandemia, la quale ha già intaccato duramente l’economia e il tessuto sociale dell’Argentina. Appesantire ulteriormente il debito pubblico con l’aggiunta di debiti esteri, pratica dai tratti neo-colonialisti che sottrae le possibilità di sviluppo e la legittima sovranità del Paese, impedisce al Governo di investire in miglioramenti nei settori della sanità pubblica o dell’educazione, dei quali l’Argentina ha forte bisogno. Secondo uno studio [3], inoltre, l’accordo siglato tra l’ex presidente Macri e il FMI dovrebbe essere considerato un atto “giuridicamente nullo”, in quanto basato su valutazioni inadeguate e obiettivi non realistici. Lo stesso studio evidenzia come vi sia una totale “mancanza di controllo legale del lavoro del FMI”, istituzione che ha “perso sia le basi macroeconomiche su cui basa i suoi programmi che il suo senso giuridico”. Lo stesso FMI ha ammesso [4] gli errori del programma, che ha causato un alto tasso di inflazione, un costante deprezzamento del tasso di cambio e un continuo spostamento degli investimenti nazionali all’estero.

L’Argentina ha già vissuto sulla propria pelle gli effetti del debito estero: nei primi anni 2000 [5], a seguito dell’indebitamento messo in atto dalla dittatura militare, il Paese subì un collasso economico e sociale che portò la disoccupazione al 40% e alla contrazione del più grande debito estero nella storia economica del mondo. Le proteste che seguirono i tagli ai settori dell’educazione, della sanità e dei servizi pubblici spaccarono il Paese, portando a una grave e violenta crisi sociale.

I fondi andrebbero usati “per combattere la fame, la povertà, aumentare le pensioni e creare posti di lavoro” e non per “pagare un debito da usurai” scrive il Fronte di sinistra. La carta giocata dal FMI potrebbe essere letta politicamente [6] come un tentativo di impedire esercizi di sovranità e tenere così sotto controllo il Paese tramite i lacci di un debito impagabile. Ad ogni modo, anche se l’entità fosse stata minore, il risultato della contrazione del debito si sarebbe inevitabilmente tradotto in tagli allo sviluppo di politiche pubbliche e sociali.

La decisione di Fernández ha portato a una divisione della società tra chi si è mostrato favorevole all’accordo con il FMI e chi lo rigetta. Nei prossimi giorni si conoscerà con maggiore precisione quali saranno i termini dell’accordo e quale sarà la reazione della società.

[di Valeria Casolaro]