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Cuba si conferma un’avanguardia nella protezione ambientale

Recente è la notizia secondo cui Cuba ha istituito una nuova area marina protetta al largo della costa nord-occidentale dell’isola. Si estenderà per 728 chilometri quadrati e fornirà protezione ad un elevato numero di specie. Inoltre, poiché istituita con il sostegno della comunità dei pescatori, l’area protetta aiuterà a ricostituire gli stock ittici. Un terzo di questa comprende infatti il Corona San Carlos Wildlife Refuge, un tratto di oceano di 272 km2 dove non sarà consentita la pesca. I restanti due terzi, invece, la consentiranno solo a certe condizioni. La nuova riserva [1] – istituita in una zona nota come Arcipelago di Los Colorados orientale – tutelerà le mangrovie, le distese di fanerogame marine e le barriere coralline, portando l’area marina protetta complessiva del paese al 28,5%. La regione ospita, inoltre, diverse specie animali di particolare interesse conservazionistico, come le tartarughe embricate in pericolo critico (Eretmochelys imbricata), le tartarughe comuni (Caretta caretta) e i coccodrilli americani (Crocodylus acutus).

Un esempio virtuoso che fa dell’isola caraibica una nazione all’avanguardia nella protezione ambientale. Considerando, soprattutto, che non si tratta affatto di un caso isolato. Secondo un nuovo indice di sostenibilità – il Sustainable development index [2] – Cuba si è addirittura attestata al primo posto in termini di impegno nel rispetto dell’ambiente. Alla luce delle difficoltà socio-economiche presenti nell’isola, si tratta di un risultato eclatante. Senza parlare poi dello spettro dell’embargo, recentemente inasprito dalla democratica amministrazione Biden, col quale Cuba convive ormai da oltre mezzo secolo. Tuttavia, che l’isola socialista abbia un occhio di particolare riguardo per l’ambiente si evince facilmente già dalla sua stessa Costituzione. Negli articoli 16 e 75, ad esempio, emerge come lo sviluppo del paese non può che non andare di pari passo con la tutela ambientale.

Nel 2030, Cuba punta poi ad una produzione energetica in cui il 24% derivi da fonti rinnovabili. Ma anche in questo senso notevoli passi avanti sono stati già fatti circa un decennio fa. Dal 2004 al 2010, l’isola ha aumentato la capacità elettrica da 3200 MW a 4900 MW con un taglio nelle emissioni di gas serra del 60%, nonostante, in quel periodo, si sia basata per oltre il 90% su combustibili fossili. Potrebbe sembrare assurdo, ma il segreto va ricercato nel sistema economico socialista. Cuba, infatti, si sviluppa secondo un’economia pianificata, dove è necessario razionalizzare l’utilizzo delle risorse di modo che determinati princìpi di azione – come solidarietà, equità e protezione ambientale – siano rispettati. In quest’ottica, sul piano energetico, sono stati così resi più efficienti gli impianti di produzione energetica e il sistema di trasporto e trasmissione dell’energia riducendo gli sprechi, è stata avviata una campagna di sostituzione di elettrodomestici obsoleti, nonché razionalizzato e migliorato l’uso di energia nei 1713 stabilimenti produttivi responsabili del consumo del 45.6% dell’elettricità nazionale.

A rendere note queste informazioni è stata una ricerca [3] del 2012 che, nel complesso, ha evidenziato un fatto sorprendente: Cuba ha un Indice di Sviluppo Umano paragonabile a quello di paesi con un reddito interno lordo nettamente superiore. Inoltre – sempre secondo lo studio – la transizione economica, dopo la crisi dei primi anni ’90, è avvenuta senza che l’Impronta Ecologica della nazione sia aumentata significativamente. Un’ulteriore conferma di quanto spesso sia il modello economico a cambiare le carte in tavola. Quello socialista, dai più demonizzato, quantomeno alla scala di Cuba, potrebbe essere la chiave per aprire definitivamente le porte della sostenibilità. Certo è che è l’impegno politico a fare la differenza. Ma anche in questo caso il governo de L’Avana ha mostrato una certa maturità. Cuba, infatti, si impegna nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile pur ammettendo che, al riguardo, dovrà affrontare sfide significative. «Il principale ostacolo – ha dichiarato [4] il Forum politico sullo sviluppo sostenibile – è il blocco economico, commerciale e finanziario da parte degli Stati Uniti. Il paese – hanno aggiunto – è comunque determinato a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, non importa quanto difficili siano le condizioni».

[di Simone Valeri]