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Le regole sul Green Pass stanno impendendo a migliaia di ragazzi di fare sport

Con le ultime disposizioni del Governo a partire dal 10 gennaio 2022 è stato fatto divieto a tutti coloro che abbiano più di 12 anni e siano sprovvisti di super Green Pass di accedere alla maggior parte degli impianti sportivi e ricreativi, sia all’aperto che al chiuso. Si è precluso in questo modo l’accesso alle attività sportive di una grossa fetta della popolazione giovanile, una delle fasce che più di tutte ha risentito degli effetti psicofisici della pandemia, con il rischio di esacerbarne ulteriormente gli effetti negativi. Ciò è avvenuto nonostante la preoccupazione per il disagio giovanile e l’importanza dell’attività fisica durante la pandemia da Covid-19 sia stato oggetto di costante preoccupazione da parte di numerose istituzioni, sia pubbliche che private.

Gli studi [1] sugli effetti della pandemia sui giovani e gli adolescenti si sono moltiplicati in tutta Europa negli ultimi due anni ed il quadro che ne emerge è sostanzialmente coerente: esiste una situazione di “malessere generalizzato” diffuso a causa delle misure restrittive che hanno costretto i ragazzi al confinamento sociale e ad una sostanziale riduzione dell’attività fisica e di socializzazione. Le conseguenze sono evidenti sentimenti diffusi di ansia, tristezza e disagio, ai quali l’impossibilità di praticare attività fisica aggiunge [2] maggiori livelli di irascibilità e apatia.

In un contesto simile sono molte le istituzioni che hanno ricordato l’importanza rivestita dalla pratica dello sport in particolare per la fascia di popolazione più giovane: lo stesso Parlamento Europeo [3], in una risoluzione adottata il 10 febbraio 2021, sottolineava come “lo sport e l’esercizio fisico sono particolarmente importanti nelle circostanze dettate dalla pandemia, in quanto rafforzano la resilienza fisica e mentale […] (il Parlamento) è preoccupato per la mancanza di attività fisica osservata tra i molto giovani durante il confinamento e le possibili conseguenze per la salute pubblica”.

Con le ultime misure adottate dal Governo, tuttavia, viene previsto l’obbligo di super Green Pass non solo per accedere alle competizioni e agli eventi sportivi, ma anche per poter frequentare impianti sportivi [4] e piscine. L’obbligo si applica a una fascia di popolazione estremamente ampia, comprendendo tutti coloro che abbiano più di 12 anni, con evidenti ricadute molto differenti su soggetti di età diverse. In particolare il benessere psico-fisico dei giovani e degli adolescenti tra i 12 e i 19 anni rischia di essere fortemente compromesso, dal momento che in molti si troveranno a non poter svolgere regolare attività sportiva.

La pratica sportiva rappresenta per queste fasce d’età una tappa fondamentale per il corretto sviluppo sia fisico che sociale, dal momento che costituisce un’occasione di integrazione e scambio. Come ha ricordato Valentina Vezzali [5], Sottosegretaria di Stato con delega allo sport, “Gli allenatori, al pari degli insegnanti, hanno funzioni educative”, aggiungendo che questi “assolvono non solo la funzione di promozione della salute e del benessere, ma anche quella ricreativa, inclusiva, relazionale e di occasione di realizzazione della propria personalità. Lo sport è il luogo dove i bambini sperimentano e imparano valori importanti quali ad esempio il rispetto”. Alle sue affermazioni fanno eco quelle dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti [6], che ricorda come il diritto al gioco, alla socialità e all’educazione costituiscano “elementi essenziali per la vita e l’armonico sviluppo dei minorenni“.

Secondo quanto riferito da Dino Ponchio [7], presidente del Coni Veneto, nelle fasce d’età tra i 12 e i 18 anni si è registrato un calo delle attività sportive di base che si aggira tra il 15 e il 18% a seconda delle discipline prese in considerazione. Si tratta di dati associati alle normative sull’utilizzo del Green Pass che non andrebbero affatto sottovalutati.

Sono numerose le associazioni che protestano contro le misure adottate dall’ultimo decreto, come nel caso di 10 società sportive [8] del cesenate e del forlivese che si sono opposte a quelle che definiscono “discriminazioni tra ragazzi” messe in atto “in questa cervellotica attuazione di protocolli incomprensibili che spaventano, disorientano, ghettizzano” e che rischiano di costituire un esempio “diseducativo e pericoloso”.

Affermare che la prevenzione del disagio giovanile debba costituire un elemento centrale nelle politiche governative suona quasi lapalissiano. Tuttavia, stando agli ultimi provvedimenti adottati dal Governo, forse è bene riportare la questione all’attenzione di tutti.

[di Valeria Casolaro]