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“In tax we trust”: la protesta dei ricchi che contestano il neoliberismo

“Per favore, tassateci di più”. No, non è uno scherzo. È l’appello che 102 milionari e miliardari – super ricchi insomma – hanno rivolto ai leader politici, durante il Forum economico mondiale di Davos. L’iniziativa, battezzata con il nome “In Tax We Trust” [1], è stata formulata attraverso un manifesto, una specie di lettera aperta. “Come milionari sappiamo che l’attuale sistema fiscale non è equo”, si legge tra le righe. Per i ricchi il sistema è “manipolato” a loro favore e deve essere rivisto per rendere la tassazione più giusta, più equa, al fine di “ristabilire la pace sociale e ripristinare la fiducia nella politica”.

Chi sono questi miliardari che hanno aderito all’appello? I sostenitori provengono soprattutto dagli Stati Uniti. Molti altri invece dal Regno Unito, dal Canada, dalla Germania, dalla Danimarca, dalla Norvegia, dai Paesi Bassi. Tra loro c’è anche Abigail Disney, erede della Walt Disney Company, che insieme ai “colleghi” – auto definitisi “milionari patriottici” – ha chiesto che il Governo delle rispettive città introduca delle tasse fisse sul suo (e loro) patrimonio. La pandemia ha accentuato molto le disuguaglianze economiche e sociali mondiali: per questo motivo una tassazione permanente aiuterebbe lo Stato a migliorare e potenziare i propri servizi pubblici, come l’assistenza sanitaria.

È di recente pubblicazione il rapporto Oxfam sulla pericolosità delle disuguaglianze [2]. Nel report si legge che dall’inizio della pandemia, i 10 uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato (anzi, più che raddoppiato) i loro patrimoni. Significa che negli ultimi due anni il loro patrimonio complessivo è cresciuto al ritmo di 1,3 miliardi di dollari al giorno. In quegli stessi anni il 99% degli individui ha avuto entrate più basse del solito e 163 milioni di persone sono cadute in totale povertà.

Non è la prima volta che i ricchi della terra avanzano ipotesi di questo tipo. Nel 2014 Nick Hanauer, un miliardario uomo d’affari americano tra i fondatori di Amazon, aveva detto che il 99.9% delle persone “comuni” non avrebbe nemmeno potuto immaginare il suo tenore di vita [3]. Nella sua lettera rivolta ai grandi capitalisti mondiali Nick Hanauer si era presentato così: «Probabilmente non mi conoscete, ma come voi sono uno degli 0,1%, un fiero capitalista. E come voi sono stato oscenamente ricompensato per il mio successo. Nessuna società può tollerare una tale disparità. Ecco perché gli investimenti nella classe media funzionano, e i tagli delle tasse ai ricchi invece no».

“In tax we trust” non si discosta molto dalle riflessioni di Hanauer. Una società capitalistica che in sostanza basa il suo potere sulla forza lavoro della classe media, è destinata a soccombere senza di essa. Soprattutto se questa arriva al punto di non sopportare più che nel mondo ci sia tanta disparità.

“La fiducia – nella politica, nella società, l’una nell’altra – non si costruisce in minuscole stanze laterali accessibili solo ai più ricchi e potenti. Non è costruito da viaggiatori spaziali miliardari che fanno fortuna con una pandemia ma non pagano quasi nulla in tasse e forniscono salari bassi ai loro lavoratori. La fiducia si costruisce attraverso la responsabilità, attraverso democrazie ben oliate, eque e aperte che forniscono buoni servizi e supportano tutti i loro cittadini. Ascoltiamo la storia e scegliamo con saggezza”, conclude la lettera.

[di Gloria Ferrari]