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Ravenna, bufera sulla polizia: geolocalizzati i positivi per controllare la quarantena

Per controllare che i cittadini positivi al Covid rispettino la quarantena in Comune di Ravenna usa la geolocalizzazione attraverso i telefoni cellulari, controllata direttamente dagli agenti della polizia locale. Il sistema va avanti da quasi due anni, praticamente dall’inizio della pandemia, ma solo ora il sistema è balzato all’attenzione delle cronache locali e del Garante della Privacy che ha aperto un’istruttoria sull’amministrazione romagnola. Il Comune si difende specificando che il controllo tramite geolocalizzazione è facoltativo ed effettuato solo previo consenso del cittadino sottoposto a quarantena, che può anche preferire sottrarsi al sistema e preferire l’eventuale controllo diretto presso l’abitazione da parte delle forze di polizia.

La misura di controllo tramite geolocalizzazione, secondo i dati trasmessi dal Comune, sarebbe già stata utilizzata su oltre mille persone e il 99% degli interessati avrebbe accettato di buon grado la geolocalizzazione tramite smartphone come sistema di controllo. Una percentuale bulgara che lascia dubbi su quanto potesse essere realmente esplicito e chiaro il fatto che si trattasse di un controllo dei dati personali assolutamente volontario e non obbligatorio. Ipotesi sulla quale evidentemente intende fare luce anche il Garante della Privacy, che in una comunicazione ufficiale [1] ha chiesto all’amministrazione ravennate di far pervenire all’Autorità «ogni elemento utile alla valutazione del trattamento di dati personali effettuato, con particolare riferimento alle modalità del trattamento, descrivendo gli strumenti del sistema realizzato, incluse specifiche app per dispositivi mobili utilizzate; le finalità perseguite mediante la geolocalizzazione ed i periodi di tempo e le modalità di conservazione dei dati raccolti, nonché il rispetto dei principi di proporzionalità e minimizzazione del trattamento». L’ente locale, sottolinea il Garante, «dovrà inoltre indicare le misure tecniche ed organizzative adottate per garantire un livello di sicurezza adeguato dei dati trattati e gli eventuali soggetti terzi destinatari dei dati acquisiti attraverso le funzioni di geolocalizzazione».

Il sindaco della città romagnola, Michele De Pascale, intanto prova a difendersi e a spegnere sul nascere le ovvie polemiche: «Non è in atto alcun tracciamento generalizzato sulle persone in quarantena – ha commentato al Corriere di Bologna [2] – ma di un’opzione proposta alle persone che sono state selezionate per ricevere il controllo. Chi viene selezionato per il controllo è quindi totalmente consapevole e consenziente di quello che gli viene proposto».