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Gli investitori boicottano l’inserimento del gas nelle fonti pulite

Il Gruppo di investitori istituzionali sui cambiamenti climatici (IIGCC) ha esplicitamente chiesto all’Ue di non etichettare il gas come investimento sostenibile. Diversamente, secondo l’alleanza – la quale ha un portafoglio stimato in 50 mila miliardi di euro – si farebbe un danno alle politiche sul clima. Tra pochi giorni, infatti, l’Unione europea deciderà definitivamente se gas naturale ed energia nucleare andranno considerate fonti finanziabili poiché utili alla transizione. Una strada che, tuttavia, appare già segnata. Il Gruppo di investitori – in una lettera aperta [1] – ha quindi chiesto di non confermare la decisione circolata a Bruxelles.

Le argomentazioni riportate nella lettera non sono però meramente ideologiche, anzi, mettono l’accento su questioni tecniche di particolare rilievo. Ad esempio, non ci sarebbe proprio un budget di carbonio sufficiente per nuovi investimenti nel gas naturale. Infatti, solo un limite di 100gCO2e/kWh, per tutte le fonti energetiche, permetterebbe il raggiungimento degli obiettivi climatici. Se il gas venisse incluso, bisognerebbe alzare questa soglia a 270gCO2e/kWh con il risultato che «molte aziende dimostrerebbero l’allineamento con la tassonomia anche con attività e piani di transizione incompatibili con l’obiettivo di emissioni nette zero». Il gas, inoltre, non andrebbe considerato nemmeno ‘fonte energetica di transizione’ dato che non rispetta nessuno dei requisiti previsti dalla stessa tassonomia: non avere alternative fattibili dal punto di vista tecnologico o economico, non rallentare lo sviluppo di altre fonti pulite e non vincolare il sistema energetico a certi livelli di emissioni.

Infine, anche continuando ad ostentare la necessità di gas, non ci sarebbero proprio i tempi. «Entro il 2050 – scrivono difatti gli investitori – la domanda di gas naturale dovrà comunque ridursi dell’8% rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030 e del 55% entro il 2050». Quindi, anche le centrali esistenti dovranno essere gradualmente eliminate entro il 2035. In sostanza, accogliendo il gas nella tassonomia verrebbe meno lo scopo fondamentale della stessa: permettere al capitale di essere indirizzato verso attività economiche totalmente compatibili con l’impegno dell’Ue per la neutralità climatica entro il 2050 e la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030. Chiaro è che, alla luce di tale analisi – qualora l’Europa optasse per l’inserimento nella tassonomia della fonte fossile fin qui dibattuta – gli interessi economici avrebbero, ancora una volta, la meglio su quelli del Pianeta e dell’intera umanità. Insomma, sia chiaro: quanto è necessario il gas alla transizione ecologica? E quanto è necessario che lo sia per l’una o l’altra industria petrolifera?

[di Simone Valeri]