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Basilicata: studio autonomo rivela il disastro ecologico vicino ai giacimenti ENI

Per la Basilicata è giunto il momento di rivendicare i propri diritti ambientali. Grazie alle indagini commissionate dalla rivista scientifica internazionale MDPI [1], è arrivata la conferma che le alghe che hanno colonizzato a lungo il Lago di Pietra del Pertusillo sono dovute alla presenza di idrocarburi nelle acque. E da dove arrivano?

Quello del Pertusillo è un bacino artificiale situato nella Basilicata sud-occidentale, nei pressi di alcuni stabilimenti petroliferi di ENI. Lo studio ha avuto lo scopo di dimostrare che la fioritura algale dell’inverno del 2017 non era casuale, ma strettamente collegata alla predominanza di idrocarburi del petrolio.

L’episodio di quell’anno aveva già insospettito associazioni ambientaliste locali, come “Cova Contro” e “Liberiamo la Basilicata”. I due enti avevano denunciato l’eccessiva presenza di sostanze estranee nelle acque, confermata dai 4 campionamenti effettuati sul campo in maniera autonoma. I risultati erano già preoccupanti, e le quantità di particelle presenti ben oltre il limite consentito, come si può intuire da questo video [2]: 286 mcg/l di idrocarburi totali disciolti (il limite è 200), 6,65 mg/l di azoto (il limite è 2 mg/l). [3] Per ottenere queste informazioni, è bastato incrociare i dati ottenuti dai satelliti, immagini da droni, prelievi a terra e studi di genomica sui batteri: tecnologie cioè disponibili a basso prezzo e ormai conosciute da tempo, di cui anche la regione avrebbe potuto usufruire (se solo avesse voluto).

INDAGINE AUTONOMA

Come aveva reagito la politica? L’allora governatore della Basilicata Marcello Pittella, così come Achille Palma, presidente dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata, avevano liquidato la faccenda definendo naturale la proliferazione di alghe, e per questo scollegata assolutamente alla vicinanza con i giacimenti petroliferi.

La vicenda non è finita nel dimenticatoio solo grazie alla costanza e alla lotta delle associazioni, tenacia che ha permesso alla regione di denunciare l’ennesimo caso di soprusi ambientali. Infatti non è la prima volta che si parla del Lago del Pertusillo in questi termini. Tra il 2002 e il 2010 alcune analisi sul terreno avevano fatto emergere la presenza di diversi inquinanti sia nelle falde della zona che negli alimenti e alcuni studi più approfonditi avevano trovato tracce di trielina (tricloroetilene cancerogeno) e idrocarburi pesanti anche nei punti di confluenza dei torrenti Alli e Casale, affluenti del fiume Agri.

Ma anche su questo fronte non c’è mai stato un vero e proprio intervento. Anzi, fu ENI a portare avanti il “Progetto di monitoraggio dello stato degli ecosistemi e del biomonitoraggio nell’area della Val D’Agri”, dichiarando (ovviamente) di non aver mai trovato sostanze pericolose o inquinanti.

Una situazione davvero preoccupante, se si pensa che il lago di Pietra del Pertusillo ha una capienza di 155 milioni di metri cubi d’acqua ed è spesso utilizzato per la pesca sportiva e per gare di canottaggio nazionale.

[di Gloria Ferrari]