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L’associazione Essere Animali è stata denunciata dal Consorzio Grana Padano

L’associazione Essere Animali è finita nel mirino del Consorzio che tutela il Grana Padano DOP: quest’ultimo, infatti, ha intentato una causa civile presso il Tribunale di Brescia nei confronti dell’associazione ed ha presentato una denuncia-querela nei confronti di quattro membri dell’organizzazione per i reati di diffamazione, sostituzione di persona, interferenza nella vita privata e ricettazione. A riferirlo è stata proprio Essere Animali, la quale tramite un articolo [1] ha comunicato che il Consorzio ha agito in tal modo in seguito alla diffusione di due investigazioni dell’associazione in due differenti allevamenti di mucche da latte produttori di Grana Padano.

Per quanto riguarda la causa civile il Tribunale, seppur nella fase cautelare, su diversi aspetti ha dato ragione ad Essere Animali, tuttavia ha disposto la rimozione dal web dei video delle investigazioni ed inibito la divulgazione di ulteriori contenuti relativi ai fatti oggetto delle inchieste in quanto l’associazione avrebbe trasmesso il messaggio che «l’intera produzione del formaggio a marchio Grana Padano avvenga con le modalità violente e nelle condizioni denunciate». Essere Animali però non si dà per vinta, ed anzi i suoi avvocati proporranno reclamo contro quanto disposto dal Tribunale cercando di far revocare l’ordine di rimozione e rendendo nuovamente visibili i video.

L’associazione in tal senso specifica di ribadire da tempo in ogni video e comunicato che in tutti gli allevamenti di mucche da latte, indipendentemente dal fatto che esso sia utilizzato per la produzione di Grana Padano, avvengono determinate pratiche denunciate tramite le investigazioni essendo esse legali, così come da tempo specifica che alcune irregolarità di legge, documentate nelle inchieste, non costituiscono di certo il motivo per affermare che esse avvengano nella maggior parte degli allevamenti italiani. Venendo poi nel dettaglio alla prima investigazione [2] incriminata, riguardante un allevamento intensivo in provincia di Bergamo, essa oltre a mostrare alcuni maltrattamenti da parte degli operatori verso gli animali si concentrava principalmente sulle condizioni di vita dei vitelli, separati dalla madre alla nascita e rinchiusi in piccoli recinti individuali. Un modus operandi appunto consentito dalle leggi: proprio per questo, ciò che chiedeva Essere Animali con tale investigazione nonché con la seconda investigazione era un cambiamento delle stesse, sulla cui base tali pratiche vengono generalmente attuate negli allevamenti di mucche da latte.

Successivamente però il Consorzio, secondo quanto riferito da Essere Animali, ha chiesto la rimozione dei riferimenti al marchio dal video dell’investigazione. Richiesta rifiutata dall’associazione che anzi – nonostante la successiva richiesta del Consorzio di astenersi dal pubblicare altri contenuti che facessero riferimento diretto alla DOP Grana Padano – ha poi diffuso la seconda investigazione. [3] Quest’ultima, realizzata in un allevamento di mucche da latte in provincia di Brescia produttore di Grana Padano, oltre a documentare la pratica di prassi nei confronti dei vitelli sopracitata documentava anche un grave stato di incuria.

Detto ciò, per conoscere in maniera dettagliata la posizione di Essere Animali riguardo ai reati contestati, abbiamo contattato l’avvocato dell’ufficio legale dell’associazione, Alessandro Ricciuti, secondo cui ci sarebbe un’enorme distanza tra quello che Grana Padano contesta nella denuncia e la realtà dei fatti. L’avvocato ha premesso in tal senso che le indagini sono state svolte tramite un “infiltrato”, ossia un collaboratore dell’associazione che si è presentato all’azienda dicendo di essere interessato a lavorare. Durante l’investigazione, dunque, il collaboratore «era sul posto legittimamente essendo stato chiamato a lavorare». Di conseguenza, «il reato di sostituzione di persona non c’è, perché esso vi è nel momento in cui si assume un’identità fittizia mentre il collaboratore si è presentato sul luogo di lavoro con il suo nome e cognome reali ed è stato in tal modo assunto».

Riguardo invece le interferenze illecite nella vita privata, «il Consorzio sostiene che aver filmato all’interno dell’allevamento configuri tale reato, che però in realtà si realizza nel momento in cui si filma – senza esserne autorizzati – l’interno di una privata dimora, che secondo la giurisprudenza consolidata corrisponde al luogo dove si svolge la vita privata della persona e quindi non di certo un allevamento». Conseguentemente, «non vi è nessuna interferenza illecita».

Venendo alla ricettazione, invece, «il consorzio ritiene vi sia in base al presupposto, falso, che siano stati commessi i due reati sopracitati, sostenendo che i responsabili dell’associazione abbiano utilizzato le immagini ottenute commettendo questi due reati, macchiandosi così del reato di ricettazione». Tuttavia, «venendo meno i primi due reati viene meno anche la ricettazione». Infine vi è la diffamazione, che però l’avvocato sostiene non vi sia in quanto i contenuti degli articoli di Essere Animali non hanno «mai superato il limite della continenza verbale» e «la comunicazione è sempre stata corretta». Ad ogni modo per quanto riguarda la denuncia, che «è stata depositata nel giudizio civile», l’avvocato ricorda che «l’esame dai fini penalistici della nostra comunicazione sarà oggetto del giudice penale solo eventualmente, non essendo scontato che il pm chiuda le indagini con la richiesta di rinvio a giudizio e potendo anche chiuderle con la richiesta di archiviazione. Dunque, «solo se sarà necessario ci difenderemo».

[di Raffaele De Luca]