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Per una festa dell’orizzonte, per i costruttori di futuro

Le statistiche trasformano ogni fenomeno sociale in numero e gli fanno perdere la sua valenza ideale, emotiva, pulsionale, immaginativa, la varietà dei modi in cui viene vissuto, il senso delle prospettive che può preparare, la tensione dei valori che contiene.
I comportamenti vengono classificati, esaltate le somiglianze, sottovalutate le eccezioni.

Le statistiche, mentre descrivono, applicano schemi, insinuano interpretazioni, forzano  risposte, preparano attese, affiancano ai dati parziali spiegazioni più o meno fondate, alimentano la passività, l’indifferenza. Oppure producono ansia, spingono a comportamenti ritenuti virtuosi, creano dipendenza, fanno sentire gli individui mai unici ma sempre e soltanto minoranze o maggioranze, masse o parti di una massa da orientare. Mai soggetti, mai popolo.

Se poi le statistiche non si limitano a descrivere ma fanno esplicitamente proiezioni, se lavorano con logica inferenziale ipotecando il tempo che verrà, ecco affermarsi l’ideologia, il partito preso, il numero che nasconde una manipolazione, un dover essere, una cieca obbedienza, una conformità, un’appartenenza come affermazione di sé. La morte del possibile, l’esaltazione del probabile.

Sappiamo di questi tempi che cosa vuol dire tutto questo. Per di più, con la fine dell’anno, i bilanci, gli scenari futuribili dominano la scena.

Ecco perché mi permetto di augurare che il Capodanno sia anche la Festa dell’orizzonte, la visione che la luce sia cangiante, che soltanto la passività sia irreparabile. Festa dell’orizzonte, vuol dire prendersi il diritto di diventare creatori, artigiani di futuro, prendersi il diritto di credere o di non credere, senza passare né per sempliciotti né per scettici.

Lasciare che i numeri siano come le lancette dell’orologio, che fissano il tempo ma nello stesso momento lo superano. Orizzonte: ciò che indica il sorgere, il giorno nuovo che viene. ‘Fare un giro d’orizzonte’ significa ‘esaminare la situazione sotto ogni punto di vista’: così dice la Treccani. E allora: tanti mutevoli orizzonti, niente calcoli. Auguri!

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]