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Il Sudafrica si mobilita contro le multinazionali dell’energia fossile

In Sudafrica l’indignazione pubblica continua a sfociare in numerose proteste e manifestazioni. Migliaia di sudafricani e decine di comunità indigene si stanno mobilitando contro l’ennesimo progetto di estrazione di energia fossile, in questo caso l’indagine sismica pianificata dalla multinazionale britannica Shell [1]. L’obiettivo dell’azienda è cercare al largo della Wild Coast sudafricana, lungo un’area di 6.000 chilometri quadrati, giacimenti di petrolio e gas.

Simulare onde sismiche per cercare giacimenti minerari o gas naturale è un metodo molto più economico e rapido delle trivellazioni. Ma c’è un enorme rovescio della medaglia. Secondo il parere degli scienziati, il rumore emesso dai fucili ad aria compressa ha effetti devastanti sulla vita marina. Nonostante le evidenze scientifiche, e nonostante il ricorso in tribunale, non sarà facile per i manifestanti rivendicare il loro diritto costituzionale a vivere in un ambiente sano e sicuro.

Giovedì, infatti, il Ministro delle risorse minerarie e dell’energia ha apertamente dichiarato, a nome del Governo, di sostenere l’esplorazione petrolifera.

Gli attivisti temono che acconsentire ad una pratica così invasiva non solo accrescerà il deterioramento della vita marina, inquinando gli ecosistemi costieri. Ma avrà delle ripercussioni sulla vita degli indigeni Xhosa e di altre comunità, la cui cultura, tradizione e sostentamento si basa proprio sull’oceano.

Zukulu, membro della comunità di Mpondo, è stato protagonista nei giorni scorsi di una delle due richieste di interdizione presentata contro diversi ministeri sudafricani e contro la multinazionale Shell. E che avrà esito il 17 dicembre. L’accusa principale che gli rivolge è quella di agire in violazione dei diritti delle popolazioni indigene “al consenso libero, preventivo e informato”. I presagi non sono buoni, dal momento che la prima domanda di interdizione, presentata da associazioni locali e organizzazioni per la giustizia ambientale, ha già visto il declino il 3 dicembre. [2]

La posta in gioco però è davvero alta. “La maggior parte degli animali sott’acqua si affida al suono per comunicare, accoppiarsi ed evitare i predatori”, riferisce Lorien Pichegru, direttore ad interim dell’Istituto per la ricerca costiera e marina della Nelson Mandela University di Port Elizabeth durante un’intervista con Mongabay [3]. “Un alto livello di rumore li influenzerà”, così c [4]ome è già accaduto per un gruppo di pinguini [4] a seguito dei test sismici nel 2013.

Al momento l’indagine è prevista tra dicembre 2021 e primavera 2022 e consisterà, “in onde d’urto simili a esplosioni che verranno inviate attraverso il fondale marino a intervalli di 10 secondi per 24 ore al giorno”. In merito alla pericolosità dell’intervento Shell si è detta sufficientemente esperta ed attenta a ridurre al minimo l’impatto sulla vita marina.

Però, con tutte le precauzioni possibili, rimane pur vero che sostenere e portare avanti progetti per scovare nuove fonti di combustibili fossili non è in linea con quanto promesso dal governo sudafricano durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) del 2021. [5]

[di Gloria Ferrari]