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Il Governo proroga nuovamente lo stato di emergenza

«Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, ha approvato un decreto-legge che prevede la proroga dello stato di emergenza nazionale e delle misure per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 fino al 31 marzo 2022»: è quanto si legge in un comunicato stampa [1] proprio del Consiglio dei Ministri, riunitosi nella giornata di ieri. Tale estensione permetterà di continuare ad autorizzare tutta una serie di misure eccezionali, come il mantenimento della struttura e dei relativi poteri del Commissario straordinario per l’emergenza Covid nonché gli ampi poteri conferiti al Capo del Dipartimento della Protezione Civile. Quest’ultimi – si legge infatti nella bozza [2] pubblicata dal sito OrizzonteScuola.it – «adottano anche ordinanze finalizzate alla programmazione della prosecuzione in via ordinaria delle attività necessarie al contrasto e al contenimento del fenomeno epidemiologico da Covid-19».

Ad ogni modo, però, non  sono di certo solo queste le misure previste dal decreto in questione: a restare in vigore, infatti, sono anche le norme relative all’impiego del Green Pass e del Super Green Pass. Riguardo quest’ultimo, inoltre, il testo prevede l’estensione sino al 31 marzo 2022 della norma secondo cui esso debba essere utilizzato anche in zona bianca per lo svolgimento delle attività che altrimenti sarebbero oggetto di restrizioni in zona gialla. Ciò, in pratica, vuol dire che resteranno precluse ai non vaccinati attività come i ristoranti al chiuso, i cinema, gli stadi e le discoteche. Da segnalare poi anche la creazione di una nuova infrastruttura, per la quale saranno messi a disposizione 6 milioni di euro nel 2022, che servirà allo «stoccaggio ed alla conservazione delle dosi vaccinali per le esigenze nazionali». Il tutto con il fine di assicurare il potenziamento delle infrastrutture strategiche per fronteggiare le esigenze connesse all’emergenza e garantire una capacità adeguata per le «eventuali emergenze sanitarie future». Infine, sono stati prolungati anche i congedi parentali al 50% per i genitori con figli in quarantena causa Covid nonché la possibilità di smart working per i lavoratori fragili.

Detto ciò, bisogna ricordare che il decreto entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e dovrà essere presentato alle Camere per la conversione in legge. La durata dello stato di emergenza nazionale, come previsto dal Codice della Protezione civile del 2018 [3], non può infatti «superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi». Proprio per tale motivo il governo per prolungarlo è dovuto intervenire con una norma primaria, ossia appunto un decreto ad hoc da convertire successivamente in legge, non potendo più prorogare lo stato di emergenza originario. Sulle motivazioni di tale scelta, poi, va ricordata l’ipotesi secondo cui con la fine dello stato di emergenza buona parte della normativa prodotta dall’inizio della pandemia potrebbe essere messa in discussione [4]: si tratta di un rischio contenuto ma da tenere in considerazione, dato che molte misure anti Covid stabilite in Italia sono state imposte da decreti legge che citano lo stato di emergenza come loro presupposto.

Oltre a tutto questo, poi, ieri in Italia sono state introdotte anche altre misure relative all’emergenza sanitaria: il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha infatti firmato una nuova ordinanza [5] che prevede l’obbligo – valido dal 16 dicembre al 31 gennaio – di test negativo in partenza per le persone che arrivano in Italia dai Paesi dell’Unione Europea, anche se vaccinate. Per quelle non vaccinate, inoltre, è prevista anche la quarantena di 5 giorni. Si tratta di una decisione che ha però prodotto una dura reazione da parte dell’Ue, con la vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova che ha affermato che «quando gli Stati membri introducono misure aggiuntive per rendere le condizioni più stringenti devono giustificarlo sulla base della situazione reale», aggiungendo altresì che «queste decisioni individuali degli Stati membri riducono la fiducia delle persone sulla presenza di condizioni uguali ovunque in Europa».

[di Raffaele De Luca]