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Leonardo: cassa integrazione per 3400 lavoratori, ma l’azienda è in crescita

Oggi in sciopero i 3.400 dipendenti degli stabilimenti di Pomigliano, Nola, Grottaglie e Foggia della Leonardo Spa, azienda a maggioranza statale (partecipata al 30% dal ministero del Tesoro) operante nel settore dell’aerospaziale, della difesa e della sicurezza. Per questi lavoratori il gruppo ha annunciato, il 3 dicembre, la cassa integrazione ordinaria. Il provvedimento scatterà dal 3 gennaio per una durata di 13 settimane e sarà a zero ore. Leonardo ha fatto sapere che un restringimento delle ore lavorative potrebbe essere esteso a tutto il 2022. I conti dell’azienda sono floridi, anzi in crescita, tuttavia lo Stato italiano dovrà versare lo stipendio ai dipendenti.

Le cause

La mossa repentina, è stata motivata dalla crisi della divisone aerostrutture (inerente agli stabilimenti coinvolti), vista la fase di stallo in cui versa il settore dell’aviazione durante il periodo pandemico. Ma Leonardo, che è fornitore anche dell’esercito italiano e ha relazioni commerciali a livello internazionale, si trova in una buona salute dal punto di vista economico, come si apprende dagli ultimi dati della relazione finanziaria [1] aggiornati al 30 settembre 2021, con ricavi a 9,6 miliardi di euro e utili per 229 milioni. In crescita rispetto al 2020. Una situazione anche migliore rispetto all’anno dell’esplosione del Covid-19, che non rende preoccupante l’indebitamento netto in lieve crescita di 4.690 miliardi (erano 3.318 nel 2020) ma anzi fa prevedere, per la chiusura dell’anno 2021, dei ricavi complessivi tra i 13,8 e i 14,3 miliardi.

Quella della Cassa Integrazione ordinaria non sarebbe quindi richiesta dettata da una crisi generale dell’azienda, ma di un solo comparto, le cui perdite potrebbero a logica essere ripianate dagli altri comparti in crescita di bilancio. La scelta appare quindi non motivata, se non dal vizio ormai endemico del capitalismo italiano, desideroso di privatizzare ogni utile e socializzare ogni perdita. Un quadro che nel caso di Leonardo è aggravato dal fatto che l’azienda è appunto compartecipata dallo Stato stesso. L’esborso della Cig sarebbe quindi tutto a danno del socio di maggioranza relativa (lo Stato tramite il Ministero delle Finanze) e a vantaggio degli altri soci di minoranza privata. Il tutto mentre lo stesso amministratore delegato Alessandro Profumo ha annunciato [2] che grazie al Recovery Fund l’azienda riceverà 360 milioni euro per sviluppare progetti, e posti di lavoro, nel Mezzogiorno d’Italia.

I piani per il futuro

In queste ore, vista la doccia fredda per così tante famiglie, era inevitabile che si evidenziassero le critiche alla gestione attuale da parte dei dirigenti e si spera che l’obiettivo finale non sia un sempre maggiore snellimento dei costi o un cambio a livello di strategie d’investimento che comunque deve tenere conto della salvaguardia occupazionale. Sul tavolo c’è infatti la cessione dell’ex Oto Melara-Wass, l’area che si occupa di sistemi di Difesa navali, aerei, terrestri e subacquei, su cui c’è un interessamento di Fincantieri, ma su cui grava l’offerta anche di società tedesche e francesi. In merito il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, ha evidenziato: «L’immobilismo che dura da anni in una Divisione, quella di Aerostrutture, fondamentale per il futuro del nostro Paese e per la stessa Leonardo, al quale si aggiunge la mancanza di una visione da parte di un gruppo, che per fare cassa prima ha venduto Breda e Srs ai giapponesi di Hitachi, oltre ad Ansaldo Energia, mentre ora ha messo sul mercato asset importanti come Oto Melara, Wass e la parte dell’Automazione». L’Ad Profumo su questo ha detto [3] che le cose saranno fatte bene e che l’eventuale perdita di italianità della struttura non deve allarmare, né è una priorità. Intanto i 3.400 lavoratori degli stabilimenti aspettano un confronto diretto, dopo la comunicazione unilaterale ricevuta.

[di Giampiero Cinelli]