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Covid: Nessuno studio scientifico ad oggi conosciuto afferma che vaccinare i bambini è sicuro

Ieri anche l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha concesso il via libera al vaccino anti-Covid prodotto da Pfizer-BionTech anche per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Seguendo l’analoga decisione presa dall’agenzia europea (Ema) lo scorso 25 novembre gli esperti italiani hanno valutato [1] che i dati “dimostrano un elevato livello di efficacia e non si evidenziano al momento segnali di allerta in termini di sicurezza”. In un documento rilasciato [2] al momento della richiesta di autorizzazione, il 26 ottobre scorso, la stessa Pfizer aveva avvertito che: “Il numero di partecipanti all’attuale programma di sviluppo clinico [circa 3.000 bambini, ndr] è troppo piccolo per rilevare potenziali rischi di miocardite associata alla vaccinazione. La sicurezza a lungo termine del vaccino COVID-19 nei partecipanti di età compresa tra 5 e 12 anni sarà studiata in 5 studi di sicurezza post-autorizzazione, incluso uno studio di follow-up di 5 anni per valutare le sequele a lungo termine di miocardite/pericardite post-vaccinazione”. Insomma sui rischi correlati se ne saprà di più entro cinque anni, ma l’autorizzazione è stata ad ogni modo concessa con la consueta formula: i benefici superano i rischi.

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Il documento Pfizer che spiega che nulla si sa sui rischi di miocardite e possibili effetti a lungo termine del vaccino sui bambini [fonte: https://www.fda.gov/media/153409/download – pagina 11 del testo]
Ma quali sono dunque i rischi connessi al Covid nei bambini di età compresa tra 5 e 12 anni? Nelle ultime settimane il grosso dei media e dei virologi maggiormente presenti nei salotti televisivi hanno spesso sostenuto che anche i bambini possono correre rischi seri con il Covid, lo stesso comunicato Aifa specifica che “sebbene l’infezione da SARS-CoV-2 sia sicuramente più benigna nei bambini, in alcuni casi essa può essere associata a conseguenze gravi”. Numeri forniti? Nessuno. Per trovarli abbiamo fatto una ricerca tra gli studi scientifici attualmente presenti sul tema. Si tratta, bene specificarlo, di studi ancora in fase di pre-print, i cui risultati dovranno essere validati (come quelli di Pfizer, dopotutto). Ma le risposte che forniscono sono piuttosto univoche.

L’ultimo in ordine di tempo è stato pubblicato appena 3 giorni fa. Si intitola “Risk of Hospitalization, severe disease, and mortality due to COVID-19 and PIMS-TS in children with SARS-CoV-2 infection in Germany [4]” ed è stato condotto da un team di ricercatori che hanno analizzato i dati relativi ai bambini contagiati in Germania. Lo studio rivela che “il tasso complessivo di ospedalizzazione […] è stato di 35,9 ogni 10.000, il tasso di ricoveri in terapia intensiva era di 1,7 ogni 10.000 e la mortalità era di 0,09 ogni 10.000 bambini”. Rivela inoltre che “è stato riscontrato che i bambini senza comorbilità hanno una probabilità significativamente inferiore di soffrire di una malattia grave o [di avere un] decorso mortale della malattia”. Concludendo che “il rischio più basso è stato osservato nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni senza comorbidità. In questo gruppo, il tasso di ricovero in terapia intensiva era di 0,2 ogni 10.000″. E quello di mortalità? La ricerca scrive nero su bianco quanto segue: “Non è stato possibile calcolare la mortalità, a causa dell’assenza di casi”.

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I dati della ricerca condotta in Germania

Un altro studio in tema era stato pubblicato il 3 ottobre scorso, basato su una mole poderosa di casi. Un team del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), l’agenzia indipendente dell’Unione Europea che si occupa di malattie infettive, ha confrontato oltre 820 mila casi di contagiati sintomatici di età compresa tra 0 e 17 anni per valutarne i tassi di decorsi problematici. I risultati sono stati pubblicati nella ricerca “COVID-19 trends and severity among symptomatic children aged 0 to 17 years in ten EU countries [6]” e raccontano quanto segue: 9.611 (1,2%) sono stati ricoverati, 640 (0,08%) hanno richiesto cure intensive e 84 (lo 0,01% non del totale dei contagiati, ma della minoranza dei sintomatici) sono deceduti. Anche in questo caso è stato sottolineato che l’aumento del rischio è stato riscontrato tra i casi di bambini “con comorbidità come cancro, diabete, malattie cardiache o polmonari”. Per quanto riguarda la mortalità generale del Covid su bambini e ragazzi, ovvero la possibilità di perdere la vita a causa della malattia per i soggetti da 0 a 19 anni di età il dato in Italia – calcolato su fonti Istat –  è il seguente: 0,0003% [7]. Significa 3 casi su un milione. Basandosi su quali dati e quali ragionamenti scientifici uno studio come quello presentato da Pfizer, basato su appena tremila bambini e portato avanti per pochi mesi, può assicurare che i rischi derivanti dai possibili effetti collaterali dei vaccini a breve, medio e lungo termine saranno inferiori? Nessun documento di approvazione risponde a questa domanda.

Insomma, secondo i dati i rischi per i bambini sani appare sostanzialmente nullo. Discorso in parte diverso per quelli che purtroppo soffrono di patologie, sui quali giustamente le autorità scientifico-sanitarie avrebbero potuto fare un ragionamento differente. Tuttavia il vaccino è stato autorizzato per tutti i bambini, indistintamente. Sarebbe stato utile se il documento di approvazione emanato da Aifa avesse chiarito sulla base di quali dati e quali studi è stato calcolato che i benefici superano i rischi. Tuttavia nessuna informazione è stata fornita in tal senso.

Anche all’interno della comunità scientifica i dubbi si sono levati circa l’autorizzazione vaccinale per i più piccoli. Appena una settima fa, ad esempio, la professoressa Maria Rita Gismondo (direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano) ha dichiarato quanto segue [8]: «al momento non ci sono dati sufficienti per poter avvalorare la scelta del vaccino anti-Covid nella fascia d’età 5-11 anni, anche perché non ci sono dati validi sul rapporto rischio-beneficio. Questo lo dico ovviamente per i bambini in buona salute. Discorso diverso per i fragili, perché tutti i fragili, di qualsiasi età, dovrebbero essere vaccinati». Anche il virologo Andrea Crisanti pochi giorni fa ha sollevato dubbi sul vaccino ai bambini. O almeno ci ha provato, dallo studio di La7 lo hanno cortesemente invitato a tacere “almeno in prima serata”.

Alla luce di questi dati, e nonostante il consenso non unanime della comunità scientifica, l’Aifa (seguendo l’Agenzia europea) ha deciso di procedere: dal 16 dicembre circa 4 milioni e 700 mila bambini italiani saranno convocati per ricevere la prima dose Pfizer.