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Femminicidi e revenge porn in Italia continuano ad aumentare

I reati di femminicidio e revenge porn sono in aumento in Italia. Stando ai dati riportati dal Viminale [1], su 263 omicidi volontari compiuti nei primi dieci mesi del 2021, 109 riguardano reati su donne, 93 dei quali commessi in ambito familiare e affettivo. 63 di questi, a loro volta, sono compiuti dal partner o dall’ex partner. Nonostante l’impegno da parte delle istituzioni nel trovare una soluzione al problema, l’aumento registrato dell’8% di vittime femminili suggerisce la necessità di un ripensamento dell’intero approccio alla problematica.

Dati alla mano, i delitti di donne in ambito familiare-affettivo registrano un significativo aumento, soprattutto i casi di femminicidi commessi per mano di partner o ex partner (+7%). Nei primi dieci mesi del 2021 sono in aumento, rispetto al 2020, le violazioni degli ordini restrittivi e di allontanamento dalla casa famigliare. I reati di “deformazione dell’aspetto della persona con lesioni permanenti al viso” sono in crescita di uno spaventoso 35%, mentre salgono del 45% i casi di revenge porn, le cui vittime sono per il 73% donne.

L’aumento considerevole della costrizione al matrimonio (+143%) può invece essere letto come una maggiore consapevolezza del reato da parte delle vittime e una conseguente maggiore propensione alla denuncia. La stragrande maggioranza dei casi (86%) riguarda vittime femminili, soprattutto di origine straniera.

La legge introdotta nel 2019, cosiddetta Codice rosso (legge 694/2019), ha introdotto diverse misure volte ad aumentare la tutela delle vittime di violenza di genere e contribuito ad una maggiore informazione per le vittime stesse riguardo la natura dei reati. La legge ha anche introdotto per la prima volta il reato di revenge porn, necessità resasi urgente dopo il clamore suscitato dalla triste vicenda di cronaca che ha visto protagonista Tiziana Cantone. La donna è giunta a togliersi la vita dopo la diffusione in rete di alcuni video nei quali intratteneva rapporti sessuali. Eppure, nonostante l’inasprimento delle pene, i dati e le notizie di cronaca lasciano intendere un andamento tutt’altro che positivo del controllo del fenomeno.

L’approccio all’intera questione del femminicidio ha dei difetti strutturali che da un lato portano alla vittimizzazione della donna e ad un’attenzione quasi morbosa da parte dei media, dall’altra ad oggi non consente un’adeguata protezione delle potenziali vittime nè prevede interventi rieducativi sostanziali a carico degli uomini che commettono i crimini.

Le stesse misure messe in atto sono insufficienti. Grazie al Codice rosso sono stati apportati miglioramenti alla misura del tracciamento di prossimità, come per esempio l’utilizzo del braccialetto elettronico. Tuttavia questo strumento viene apposto solamente con il consenso del diretto interessato [2]. Inoltre per quanto siano identificati dei luoghi il cui accesso è vietato all’uomo perchè potenzialmente potrebbe incontrare la vittima, il pedinamento può comunque avvenire in luoghi dove il braccialetto non ha effetto. La funzione di prevenzione si rende così nulla. In altri Paesi europei, come per esempio la Spagna [3], viene dotata di braccialetto elettronico anche la vittima. In questo modo, quando lo stalker o il molestatore si avvicina, il dispositivo della vittima emette un allarme e, tramite un bottone apposito, è possibile mettersi immediatamente in contatto con le Forze dell’Ordine.

In Spagna questo meccanismo, in funzione dal 2009, ha portato a ridurre di un terzo i casi di violenza di genere nella sola Comunità Autonoma di Madrid, e di un 18,75% nell’intera nazione.

Come mostrano i dati, è necessario ripensare interamente il sistema di tutela delle vittime, puntando su interventi maggiormente incisivi in materia di prevenzione. Sarebbe inoltre utile spostare l’attenzione, mediatica e giuridica, anche sui carnefici, cui troppo spesso vengono inflitte pene leggere e per i quali sono quasi assenti programmi di rieducazione.

[di Valeria Casolaro]