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L’Unione europea ha approvato la nuova Politica Agricola Comune

Con un’ampia maggioranza, la riforma [1] della Politica Agricola Comune (PAC) è stata approvata ieri dal Parlamento europeo. Entrerà in vigore il primo gennaio 2023 e avrà validità fino al 2027. 387 i miliardi stanziati per finanziare le politiche agricole, di cui 50 andranno all’Italia. Investimenti importanti che, come dichiarato, avranno diversi obiettivi: dallo stimolare la competitività al rivitalizzare le zone rurali, fino al contrasto dei cambiamenti climatici e la conservazione della biodiversità. Centrali appaiono quindi i temi ambientale e sociale: un quarto dei fondi europei, infatti, sarà destinato a pratiche eco-sostenibili. Previsto, inoltre, un meccanismo di condizionalità che escluderà chi sfrutta i braccianti agricoli. Tuttavia, le criticità non mancano, tant’è che la PAC si è aggiudicata l’appellativo di “questione tra le più spinose degli ultimi anni”. Secondo Legambiente, nulla è cambiato: “ancora oggi, dell’80% degli aiuti beneficiano il 20% degli agricoltori”. Verdi e partiti ecologisti lamentano invece un approccio non in linea con il Green Deal e che a guadagnarci siano perlopiù le grandi aziende.

I tre regolamenti che compongono la PAC sono stati approvati tutti a larga maggioranza e la struttura di base [2] è stata mantenuta. Tra le principali novità rispetto alla Politica agricola precedente vi è però l’introduzione degli ‘eco-schemi’: in pratica, il 25% dei finanziamenti diretti di ogni Stato membro deve essere stanziato a favore di agricoltori che adottino pratiche con standard ecologici elevati. Tra le nuove indicazioni figura anche l’obbligo di erogare almeno il 10% dei finanziamenti diretti a piccole e medie aziende agricole e non meno del 3% di ogni budget nazionale totale agli agricoltori più giovani con meno di 40 anni. Inoltre, verrà istituito un fondo di crisi da 450 milioni di euro all’anno per aiutare gli agricoltori in caso di instabilità dei prezzi e un limite massimo di risorse cumulabili per singolo beneficiario. Altro elemento distintivo, il più marcato trasferimento di responsabilità agli Stati membri, i quali dovranno impegnarsi nella definizione dei Piani Strategici Nazionali (PSN) allo scopo di gestire l’intero blocco finanziario della PAC e non più, come è stato finora, la sola gestione dei fondi dei Piani di Sviluppo Rurale. In ultimo, ma non meno importante in termini ambientali, la richiesta agli agricoltori di dedicare almeno il 4% dei loro seminativi a scopi non produttivi ma utili a livello ecologico, come a siepi, filari alberati e fasce erbacee tampone.

Raccontata così la nuova PAC potrebbe sembrare impeccabile, tuttavia, come anticipavamo, le criticità non mancano. Stiamo infatti parlando di una delle politiche comunitarie di maggiore importanza, dato che impegna circa il 39% dell’intero bilancio dell’Unione europea. Il suo peso, quindi, è tutt’altro che trascurabile. Tra le principali critiche, il non allineamento con gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dal Green Deal. «Oggi a Strasburgo abbiamo celebrato il funerale dell’agricoltura sostenibile», ha denunciato senza mezzi termini l’europarlamentare di Europa Verde Eleonora Evi, la quale si è detta delusa «dalla riduzione dei target ambientali originari: una decisione pesante, dato che il settore agricolo è responsabile di quasi il 15% delle emissioni di gas a effetto serra nell’Ue». Non a caso, a differenza dei colleghi italiani afferenti ad altri partiti, solo gli eurodeputati appartenenti al gruppo dei Verdi/Alleanza libera per l’Europa si sono opposti in ognuna delle tre votazioni ed hanno perfino manifestato la loro contrarietà fuori dalla Camera. Dello stesso parere Greenpeace che ha voluto sottolineare un rapporto [3] della Corte dei conti europea secondo cui il contributo alle emissioni di gas serra da parte dell’agricoltura non è affatto calato nell’ambito della PAC in vigore dal 2014 al 2020, poi prorogata per un altro anno. Inoltre il fatto che, come detto, l’80% degli aiuti finisca al 20% degli agricoltori fotografa un’altra realtà: la PAC è strutturata a tutto vantaggio delle grandi aziende, mentre per le piccole realtà agricole – spesso quelle che portano avanti tra l’altro pratiche produttive più sostenibili – ci saranno le briciole.

[di Simone Valeri]