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L’Europa riapre il dibattito sul nucleare: sempre meno gli Stati contrari

Ai vertici dell’Unione europea, il dibattitto sul nucleare si è ufficialmente riaperto. Il tema è tornato alla ribalta poiché alcuni Stati membri hanno esplicitato una richiesta: includere l’energia atomica tra le fonti energetiche pulite. A chiederlo – oltre alla Francia, da sempre in prima linea sulla questione – Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria, Slovenia e Polonia. Cui poi, ad ottobre, si sono aggiunti Bulgaria, Croazia, Finlandia, Romania, Slovacchia e Paesi Bassi. Tuttavia, mentre l’Italia tace in una sorta di silenzio assenso, almeno per ora, l’energia nucleare non verrà inclusa nella cosiddetta tassonomia verde, ossia tra le energie ecologiche da finanziare. A bloccare l’iniziativa del fronte pro-atomo una dichiarazione congiunta di Germania, Austria, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo e Spagna. «L’energia nucleare – hanno dichiarato [1]è incompatibile con il principio ‘non causare danni significativi’ presente nel regolamento sulla tassonomia dell’Ue». Questi, pur riconoscendo il diritto sovrano degli Stati membri di decidere liberamente per i propri sistemi energetici, temono che la presenza del nucleare nella finanza sostenibile non farebbe altro che minarne la credibilità di fronte agli investitori.

Un’Europa quindi letteralmente divisa in due, sebbene, non proprio a metà, dato che gli Stati favorevoli al nucleare sono sempre di più. Il blocco della richiesta di questi ultimi, intanto, è stata però un sollievo per gli ambientalisti. E non solo per la loro ben nota contrarietà al nucleare. Secondo Euroactiv – che ha visualizzato in anteprima un documento [2] non ufficiale circolato a Bruxelles – l’intento era infatti duplice: oltreché all’atomo, aprire le porte della tassonomia verde anche al gas naturale, a condizione che le centrali non emettano più di 100 grammi di CO2 per kilowattora. Una «vergogna scientifica» – come l’ha definito Henry Eviston del WWF – fortunatamente stroncata sul nascere. Ma, ad ogni modo, verde o no, che l’Europa abbia riaperto al nucleare è un dato di fatto. «Nell’Ue servono più rinnovabili e accanto a queste abbiamo bisogno di una fonte stabile», così si è ad esempio espressa il mese scorso la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen [3]. Posizione condivisa dal responsabile per il Green Deal Frans Timmermans che, in particolare, ritiene gli investimenti nella quarta generazione una scelta intelligente.

Dentro i nostri confini, c’è il Ministro Cingolani già da tempo espressamente dichiaratosi favorevole ad un ritorno al nucleare. «Che si sia deciso di non utilizzare le centrali di prima e seconda generazione con i vecchi referendum ha un suo senso – ha commentato [4]ma pensare che dietro l’aggettivo nucleare si celino solo ed esclusivamente tecnologie pericolose, poco efficaci e costose è sbagliato». C’è da dire che la quarta generazione, oltre ad una maggiore efficienza, effettivamente ridurrebbe ancor di più eventuali rischi, sebbene – come ha precisato al Corriere della sera il fisico premio Nobel Giorgio Parisi [5]al momento esistano solo dei prototipi che devono dimostrare la loro qualità e «che in ogni caso sono sempre da escludere dove vive la gente». Se parliamo poi di emissioni, chiaro è che il nucleare sia fonte energetica del tutto pulita, ma i fattori in ballo sono tanti, non ultimo l’annoso tema dello smaltimento delle scorie. La decisione europea su quanto il gioco valga la candela è attesa per dicembre.

[di Simone Valeri]