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L’Europa ha chiesto all’Italia di proteggere i dati dei massoni siciliani

“La Commissione ha trasmesso alle autorità italiane una richiesta formale di chiarimenti al fine di valutare la compatibilità della Legge n.18 del 12 ottobre 2018 con il diritto dell’Ue, compresi i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali”: è questa la conclusione della Commissione per le petizioni dell’Unione Europea in merito alla richiesta di abrogazione della legge [1] approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana il 12 Ottobre 2018, che aveva istituito l’obbligo per i parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana (Ars) di dichiarare la loro eventuale affiliazione alle logge massoniche. L’intervento della Commissione era stato richiesto da un cittadino italiano (A.M.), assistito dall’avvocato del foro di Catania Salvatore Ragusa, sulla base dell’idea che “l’obbligo di presentare una dichiarazione sull’eventuale appartenenza ad associazioni massoniche sia in palese contrasto con la Costituzione italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, essendo state a suo parere infrante “varie disposizioni, in materia di dignità, rispetto della vita privata, libertà di pensiero, di coscienza, di espressione, di riunione e associazione e di non discriminazione”.

La Commissione ha dunque risposto presente e riconosciuto, in prima battuta, la legittimità dell’appello con un documento datato 22 luglio 2021. Di conseguenza, ha richiesto ufficialmente chiarimenti allo Stato italiano sul contenuto del provvedimento, evidenziando come la Legge debba essere “proporzionata alla finalità legittima perseguita” e i dati trattati debbano essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto a tali finalità”. Secondo la Commissione, infatti, “Il trattamento dei dati personali può essere lecito solo se rispetta i diritti e le libertà riconosciuti dalla Carta, compresa la non discriminazione, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione e la libertà di riunione e di associazione”.

La legge era stata approvata tre anni fa dall’Assemblea regionale siciliana grazie ad un accordo tra la componente di centro-sinistra e il Movimento 5 Stelle. Il provvedimento aveva statuito che “Entro quarantacinque giorni dall’insediamento, i deputati dell’Ars, il Presidente della Regione ed i componenti della Giunta regionale sono tenuti a depositare, presso l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, una dichiarazione, anche negativa, sull’eventuale appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari che creano vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza, precisandone la denominazione, qualora tale condizione sussista”. Un emendamento presentato dal Movimento 5 Stelle e approvato dall’Assemblea aveva esteso tale obbligo anche ai consiglieri e alle giunte comunali.

Il nome del primo firmatario della legge è quello di Claudio Fava, presidente della Commissione regionale antimafia e figlio del giornalista Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Un provvedimento che ha un obiettivo chiaro: garantire la trasparenza della classe dirigente in Sicilia, terra che più di tutte ha subito gli effetti nefasti delle pericolose infiltrazioni della criminalità organizzata nell’ambiente delle logge, che per decenni ha costituito uno dei più significativi punti di contatto tra mafia, settori deviati delle istituzioni e organizzazioni eversive. “Nonostante le fortissime pressioni in senso contrario, abbiamo affermato un dovere di trasparenza e di responsabilità che adesso andrebbe esteso a tutte le cariche elettive in Italia”: così commentò [2] il presidente della commissione Antimafia in seguito all’approvazione della norma.

A contestare vigorosamente la legge furono le forze di centro-destra: l’On. Catalfamo di Fratelli d’Italia protestò [3] per la presunta incostituzionalità della norma, mentre l’On. Eleonora Lo Curto dell’Udc, allineandosi a tale giudizio, difese espressamente la dignità delle tradizioni massoniche: “Diciamo no ad una legge che attacca indiscriminatamente la massoneria, che ha una storia alle spalle anche positiva, stiamo legiferando sul nulla perché questa norma è incostituzionale, questa legge non doveva arrivare in aula, non c’è nulla nello statuto del Goi che vada contro la legge italiana e contro la costituzione. Sono cattolica, non sono lesbica, cosa aggiungo ai cittadini su di me se dico che sono o meno massone?”. E’ curioso constatare come il nominativo di Pasquale Surace, coniuge dell’Onorevole, fosse stato individuato come “maestro in sonno” appartenente alla loggia massonica “Abele Damiani” della città di Marsala: il suo nome era infatti presente [4] nelle liste degli appartenenti alle logge massoniche trapanesi che la commissione nazionale antimafia si procurò nella cornice di un’inchiesta incentrata sui legami tra mafia, politica e massoneria.

In ogni caso, accompagnato dal prevedibile plauso della loggia massonica Grande Oriente d’Italia (il cui Presidente Stefano Bisi, nel 2018, definì la norma [5] approvata dall’Ars “mostruosa sul piano giuridico e morale”), l’intervento europeo ha rimesso tutto in discussione.

[di Stefano Baudino]