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Il Portogallo approva la legge che norma i diritti di chi lavora da remoto

Il Portogallo ha approvato [1] una legge che tutela chi lavora da remoto. Un passo importante e necessario, considerando quanto lo smart working stia continuando a prendere piede, dopo il boom causato dallo scoppio della pandemia. I lunghi lockdown, infatti, hanno spinto molte aziende a rivoluzionare la propria organizzazione, introducendo il cosiddetto lavoro agile. Una modalità di lavoro che, ormai è chiaro, non scomparirà con la fine dell’emergenza e pare destinata a segnare il futuro. Tra favorevoli e contrari molti lavoratori (e sindacati) preferiscono un approccio pragmatico: bene lavorare in parte da casa, ma servono regole nuove che disciplinino la materia, normando alcune questioni poco chiare come l’orario di lavoro, gli straordinari, la gestione delle spese e il diritto alla disconnessione. Perché, se tra le mura dell’ufficio sono chiare (o almeno dovrebbero esserlo), lo smart working ha portato molti lavoratori a non avere un limite di orario stabile e a dover utilizzare i propri mezzi per svolgere l’attività.

Tutto questo ha convinto il parlamento portoghese a prendere dei provvedimenti per tutelare chi lavora da casa, approvando una legge che prevede, innanzitutto, il diritto alla disconnessione: all’azienda sarà vietato contattare i dipendenti oltre l’orario d’ufficio se non vorrà incorrere in sanzioni. Questa sarà anche responsabile di fornire alle proprie risorse gli strumenti adeguati per lo svolgimento del lavoro da casa, contribuendo alle spese di luce e internet. Non solo, il provvedimento indica anche la possibilità di rinunciare allo smart working o di richiederlo se compatibile con le proprie mansioni. Inoltre, le condizioni previste, prevedono un miglioramento del lavoro dei genitori, ai quali sarà concesso di lavorare da remoto – fino a quando i figli non avranno compiuto otto anni-, senza dover ottenere preventivamente il permesso dai propri superiori. Infine, la legge stabilisce il divieto di monitorare il lavoro a distanza e l’obbligo per le aziende di organizzare degli incontri in presenza, così da limitare il disagio dell’isolamento per chi non collabora in sede.

La regolamentazione del lavoro da remoto in Portogallo – che verrà applicata a tutte quelle realtà lavorative con almeno dieci dipendenti – si è resa necessaria anche per il crescente ruolo del paese nel mercato dei cosiddetti “nomadi digitali”, ovvero coloro che, lavorando completamente da remoto, hanno la possibilità di trasferirsi e vivere in paesi sempre diversi. Come, infatti, dichiarato dalla ministra per il Lavoro e la Sicurezza sociale Ana Mendes Godinho, durante l’ultimo Web Summit [2] a Lisbona, costruire un contesto favorevole per lo smart working, contribuisce a portare benefici allo Stato, perché aumenta l’attrattività per i lavoratori stranieri.

[di Eugenia Greco]