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I rifiuti elettronici continuano a crescere in maniera preoccupante

Secondo le ultime stime pervenute dalle Nazioni Unite, a fine 2021 ci saranno circa 57,5 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) diffusi nel mondo. Un aumento che si verifica da anni, ma mai in maniera tanto significativa quanto negli ultimi periodi, data – anche – la maggiore richiesta di prodotti elettronici (specialmente durante il periodo pandemico). Nel periodo in cui l’epidemia di Coronavirus si è diffusa (2019), sono stati generati 53,6 milioni di tonnellate di e-waste (quasi quattro milioni di tonnellate in meno rispetto all’anno corrente), un dato allarmante [1] se messo a confronto con gli anni precedenti. Dal 2014 al 2019 i RAEE sono cresciuti del 21 percento, continuando – in maniera quasi invariata – ad aumentare del tre o quattro percento ogni anno, fino ad arrivare a un boom della domanda e del consumo di apparecchi elettronici, tra tutti personal computer e tablet. Con una richiesta sempre maggiore (un aumento di quasi il cinque percento a persona), ognuno produrrà, nel 2021, una media di 7,6 chilogrammi di e-waste. Come precisato dal Global E-Waste Monitor [2] 2020, il rischio è quello di arrivare ad avere 74 milioni di tonnellate di RAEE entro il 2030.

È di cruciale importanza comprendere il potere inquinante degli e-waste, perché con consumatori coscienti, la situazione potrebbe migliorare esponenzialmente. Basti pensare che più o meno cinque chili di dispositivi restano inutilizzati, abbandonati in qualche gattabuia delle case (in una media di 11 articoli elettronici su 72 che una famiglia media europea possiede). I RAEE realmente riciclati sono nemmeno il 20 percento, mentre il restante 80 percento viene abbandonato nelle discariche in Africa [3] e in Asia [4], per poi essere bruciato o sciolto nell’acido (una fine dannosa per l’ambiente e altamente tossica per gli esseri viventi). Riuscire nel riciclo dei RAEE vuol dire limitare le emissioni di CO2 (per ogni tonnellata di RAEE riciclata si evitano circa 2 tonnellate di emissioni di CO2) e risparmiare in più sensi. Far ricircolare merce elettronica piuttosto che lasciarla in disuso o, peggio ancora, gettarla irresponsabilmente, rappresenta anche un ottimo modo per evitare l’estrazione di nuovi materiali causando gravi danni ambientali. Non a caso l’unione Europea ha inserito nell’action plan sull’economia circolare del 2020 [5] (punto 3) le TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) tra i punti cruciali su cui intervenire.

I rifiuti elettronici sono e continuano a essere il flusso di rifiuti in più rapida crescita al mondo ed è ormai chiaro quanto la loro produzione preveda l’impiego di importanti risorse, ecco perché è necessario rivedere e modificare l’attuale modo di gestirli. Come era stato suggerito dall’organizzazione Closing the Loop [6] (la quale si occupa di telefoni cellulari compensati ed è stata fondata con l’obiettivo di ridurre i rifiuti elettronici) almeno il 95% dell’oro, dell’argento, del rame, del palladio e del platino inclusi nei prodotti IT può essere estratto e potenzialmente riutilizzato in nuovi prodotti: a marzo 2021, dall’Università dello Iowa, è stata diffusa l’idea di un nuovo sistema [7] per l’estrazione [8] dei metalli dai rifiuti elettronici. Passi avanti che però devono essere costanti e ancora più imponenti, perché è essenziale cambiare rotta e porre molta più attenzione, come palesato durante la quarta edizione dell’International E-Waste Day [9], tenutasi lo scorso 14 ottobre.

[di Francesca Naima]