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COP26: I leader mondiali usano 400 jet privati per trovarsi a parlare di crisi climatica

Un ingorgo [1] nei cieli di Glasgow è stato provocato dai circa 400 jet privati ​​che hanno trasportato nella città scozzese capi di stato, miliardari, imprenditori e celebrità: il tutto per prendere parte alla COP26, ossia la conferenza sul clima delle Nazioni Unite. Un atteggiamento ambivalente dunque quello dei partecipanti al summit, che se da un lato si riuniscono con il fine di intraprendere azioni decisive per l’ambiente, dall’altro contribuiscono in maniera importante alla crisi climatica. Basterà ricordare che secondo alcune previsioni [2] – tra l’altro prudenti poiché basate sull’inquinamento prodotto solo dai jet ​​più piccoli – il totale degli aerei privati produrrà 13.000 tonnellate di emissioni di CO2, l’equivalente della quantità prodotta da più di 1.600 inglesi nell’arco di un anno.

Da citare poi non solo il fatto che la giornata di domenica sia stata particolarmente “prolifica” in tal senso, dato che esclusivamente in quel giorno sono atterrati oltre 50 jet, ma anche il modo in cui il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ampiamente contribuito alle emissioni di CO2. La partecipazione di quest’ultimo alla COP26 rappresenta infatti la causa dell’emissione di diverse tonnellate di carbonio: il tutto grazie ad una flotta di quattro aerei, dell’elicottero Marine One e di una moltitudine di auto.

Insomma come dichiarato dal dottor Matt Finch, membro della Ong Transport and Environment, «è difficile non parlare di ipocrisia nel momento in cui i jet privati vengono utilizzati mentre si afferma di combattere il cambiamento climatico». Tali velivoli sono infatti estremamente dannosi per l’ambiente e rappresentano il «modo peggiore di viaggiare per miglia». Il jet privato medio, conclude Finch, «emette due tonnellate di CO2 per ogni ora di volo».

[di Raffaele De Luca]