- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Come e perché le multinazionali stanno scommettendo sulla cannabis legale

Mentre alcune celebrità [1] degli USA si scoprono con il pollice verde, buttandosi nel settore in espansione della cannabis – con marchi e aziende che operano nel nuovo mercato – altri personaggi famosi [2] statunitensi hanno chiesto al Presidente Joe Biden una sorta di amnistia per tutti i detenuti che si trovano nelle carceri per reati legati all’utilizzo e alla coltivazione di marijuana e che non si siano resi violenti. Il Presidente USA, come la sua vice Kamala Harris, si sono detti favorevoli alla depenalizzazione della marijuana. Già due anni fa, 296 membri del Congresso (68%) rappresentano i 33 stati che hanno almeno legalizzato la marijuana medica. Adesso che i democratici hanno il controllo sia della Camera che del Senato e della presidenza, i sostenitori della riforma della politica sulla marijuana sperano che presto possa verificarsi un cambiamento legislativo a livello federale.

New Frontier Data ha stimato [3], per il 2019, in 340.000 i posti di lavoro sul mercato legale, con un trend di crescita che porterà a 743.000 posti di lavoro entro il 2025. Per il 2019, i salari totali associati al mercato legale della marijuana sono ammontati a 12,4 miliardi di dollari. Supponendo la piena legalizzazione a livello federale, si calcola che il numero dei lavoratori nel settore ammonterebbe a 1,63 milioni, generando 59,5 miliardi di dollari di salari.

La corsa all’oro verde

Il New York Times, nel maggio scorso [4], dava conto di come nella “Grande Mela” fosse fibrillata la corsa al mercato della cannabis a sole cinque settimane dalla legge che autorizzava l’utilizzo a scopo ricreativo della marijuana. Gli Immobili – dove nasceranno serre, locali di lavorazione e distribuzione oppure club e locali dedicati – e i terreni – per le coltivazioni – vengono presi d’assalto mentre azioni e quotazioni fanno parte del gioco finanziario speculativo che si accompagna alla creazione del nuovo mercato. «È un accaparramento di terra», ha detto Gregory Tannor, broker di New York della Lee & Associates NYC. Nell’aprile scorso, l’amministratore delegato di Uber, Dara Khosrowshahi, ha riferito alla CNBC [5], che nel caso in cui il governo federale autorizzi la vendita di marijuana in tutti gli Stati Uniti, la sua azienda sarebbe pronta ad attivare un servizio specifico di consegna della merce in questione.

Marijuana, finanza e multinazionali

AdvisorShares lo scorso settembre  [6]ha lanciato, sul mercato NYSE Arca, il primo ETF a gestione attiva del paese che copre il settore delle sostanze psichedeliche e che fornirà esposizione finanziaria a società biotecnologiche e farmaceutiche. Finora, questo è il terzo ETF – il primo a gestione attiva – che copre il settore delle sostanze psichedeliche in Nord America. L’indice azionario psichedelico Horizons ETF [7] è stato il primo a essere lanciato [8] nel gennaio di quest’anno – ma di tipo passivo, seguito da Defiance’s Next Gen Altered Experience ETF.

Il “Rapporto di analisi delle dimensioni, delle quote e delle tendenze del mercato della marijuana legale per tipo di marijuana (medica, uso adulto), per tipo di prodotto (fiore, olio), per applicazione medica (dolore cronico, disturbi mentali) e previsioni di segmento 2021 – 2028″pubblicato [9] da Market Analysis Report, stima la dimensione del mercato globale della marijuana legale in circa 9,1 miliardi di dollari nel 2020, prevedendo il raggiungimento dei 13,5 miliardi di dollari nel 2021. Nel documento si prevede che, nel periodo 2021-2028, il mercato globale della marijuana legale crescerà a un tasso di crescita annuo composto del 26,7%, così da raggiungere un giro di affari di circa 70,6 miliardi di dollari entro il 2028.

Il Nord America domina questo mercato piazzando, nel 2020, il 79,6% delle quote globali. Le maggiori aziende del settore sono: Canopy Growth Corporation; Aphria Inc.; Aurora Cannabis; Maricann Group Inc.; Tilray; Cronos Group; Organigram Holding Inc.; ABcann Medicinals Inc.; GW Pharmaceuticals e Lexaria Corp. Gli Stati Uniti e il Canada stanno tirando l’espansione del mercato grazie alle scelte nelle politiche pubbliche di legalizzazione della marijuana medica e/o ricreativa ma altri mercati, come indicato dal rapporto, risultano essere promettenti per gli anni a venire. Australia, Regno Unito, Messico, Germania, Colombia e Israele hanno iniziato la produzione locale e si apprestano a diventare «mercati secondari che dovrebbero diventare vitali nei prossimi anni». I titoli azionari delle aziende sopracitate vedono una crescente corsa al rialzo e in alcuni casi segnano cifre da record [10].

“Qualcuno assomiglierà a Monsanto”

Miguel Martin, amministratore delegato di Aurora Cannabis, in un’intervista rilasciata a BNN Bloomberg [11] ad inizio anno, ha dichiarato che la sua azienda ha particolare interesse, oltre che nella coltivazione, nella genetica delle piante di marijuana. In altre parole, Aurora Cannabis è interessata alla proprietà intellettuale e alla brevettazione delle genetiche. «Aziende come Aurora, o Canopy, hanno alcune delle biblioteche genetiche più profonde del mondo», ha affermato Martin. Il CEO di Aurora Cannabis è stato poi più esplicito dicendo: «Qualcuno assomiglierà a Monsanto. Non sto dicendo che siamo noi, ma qualcuno assomiglierà alla Monsanto».

A proposito di Monsanto, già Dolcevita spiegava [12] molto bene come tale azienda – acquisita dalla farmaceutica Bayer – avesse da tempo iniziato ad operare nel settore della cannabis, tramite investimenti diretti, collaborazioni con aziende del settore (come le già citate) o per tramite di aziende controllate. Il rischio è che il mercato della cannabis, dai semi, alla produzione fino alla vendita, diventi analogo a quello del cibo, come spiegato nel Monthly Report dello scorso mese, dal titolo I padroni del cibo: chi controlla il nostro carrello [13]. Il pericolo è che il settore della marijuana venga sussunto nelle mani di un manipolo di multinazionali che costringono i produttori ad utilizzare i propri semi, a discapito della qualità e della libertà d’impresa, e il cui prodotto avrà il prezzo che le stesse industrie della trasformazione e della produzione decideranno in base al loro potere ricattatorio nei confronti di contadini e agricoltori.

Colossi del settore alimentare come Coca-Cola e Nestlé non si fanno certamente scappare una potenziale e promettente fonte di profitto partecipando alla corsa dell’espansione e dell’accaparramento del settore cannabis. La prima, grazie alla collaborazione con Aurora Cannabis [14], ha dato vita ad un soft drink, una bevanda analcolica, a base di cannabis. La seconda invece ha iniziato ad investire nel mercato della cannabis [15] a partire dal 2017, quando acquisì l’azienda Atrium – proprietaria di marchi come Garden of Life, produttore di CBD – per la cifra di 2,3 miliardi di dollari.

Le mosse dell’industria del tabacco

Uno studio del 2014, pubblicato su The Milbank Quarterly, dal titolo Waiting for the Opportune Moment: The Tobacco Industry and Marijuana Legalization [16], spiegava che le potenti industrie del tabacco stavano aspettando il momento opportuno per gettarsi sul mercato della cannabis, dopo decenni passati ad ostracizzare la marijuana per paura di perdere profitti. Infatti i ricercatori, utilizzando la tecnica di ricerca a valanga standard, hanno cercato nella Legacy Tobacco Documents Library i documenti che precedentemente erano stati tenuti segreti dell’industria del tabacco, scoprendo che, almeno dagli anni ’70, le compagnie del tabacco si sono interessate alla marijuana e alla sua legalizzazione come prodotto potenzialmente rivale ai propri interessi. Con il progressivo mutamento dell’opinione pubblica, «i governi hanno iniziato ad allentare le leggi relative alla criminalizzazione della marijuana, le compagnie del tabacco hanno modificato le loro strategie di pianificazione aziendale per prepararsi alla futura domanda dei consumatori». Lo studio conclude mettendo in guardia le istituzioni pubbliche dalla volontà delle multinazionali, del tabacco e non solo, di accaparrarsi la totalità della torta del mercato della marijuana. Kingsley Wheaton, dirigente della British American Tobacco, ha dichiarato [17] che la cannabis e i suoi derivati avranno una parte importante del futuro dell’azienda.

Anche le monete virtuali [18] godono dell’espansione del mercato della marijuana legale. Già dal 2014, con la legalizzazione medica della marijuana nello Stato del Colorado, vennero sviluppate diverse monete digitali che avevano il compito di facilitare le transazioni aventi oggetto la marijuana. Adesso, dopo un periodo di alti e bassi e di lunghi sonni, stanno tornando in auge e a guadagnare terreno.

Sembra quindi evidente che se qualcosa non dovesse essere fatto a livello istituzionale, ovvero dal pubblico potere, occorre che si organizzino movimenti dal basso che riuniscano piccoli produttori e consumatori al fine di non far assumere nelle mani delle mega multinazionali l’intero mercato della cannabis, con tutti i rischi connessi alla qualità del prodotto nonché della sua brevettazione e dello sfruttamento del lavoro.

[di Michele Manfrin]