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La Francia scappa dal Mali: doveva sconfiggere il terrorismo, gli attentati sono quintuplicati

La Francia ha iniziato a ritirare le truppe dalle sue basi situate nelle zone più a nord del Mali, nella regione africana del Sahel, arrivate lì nel 2013 per portare avanti l’operazione “Barkhane” finalizzata a combattere il terrorismo jihadista. Le sedi di Kidal, Tessalit e Timbuktu saranno chiuse entro la fine dell’anno e riconsegnate all’esercito maliano. Al momento le 5.100 truppe francesi sul territorio saranno ridotte a 3.000. Il Mali ha forti legami storici con la Francia in quanto sua ex colonia. Infatti, proprio nella zona del Sahel, la Francia, come potenza occidentale, detiene un grosso controllo.

Ma questi otto anni di lotta anti-jihadista non hanno portato i risultati sperati. Ancora vaste aree del territorio del Mali sfuggono al controllo delle autorità locali e le proteste continuano a farsi sentire. Hamidou Cissé, appartenente al gruppo “Patriots of Mali” ha detto che bisogna voltare pagina, perché “Dopo che sono arrivati [i francesi], abbiamo pensato che avremmo avuto la pace. Ma se si ritirano oggi, tra sei mesi o un anno, soffriremo, ma è meglio soffrire che restare nelle loro mani per sempre”.

All’epoca fu il ministro Hollande ad annunciare la notizia della collaborazione [1] tra Francia e Mali, sostenendo che “Le truppe francesi si uniscono alla lotta del Mali contro gli elementi terroristici islamisti”. L’intenzione inizialmente dichiarata era quella di schierare le truppe francesi in Mali, insieme all’esercito locale, per contrastare l’avanzata delle forze islamiste che si dirigevano verso sud. Molti, invece, hanno sostenuto e continuano a sostenere che l’obiettivo dell’intervento francese fosse proteggere più da vicino gli interessi economici francesi nella regione del Sahel e dell’Africa occidentale. Perché? Probabilmente perché ci sono pochi risultati concreti ed effettivi sul territorio, e in otto anni la situazione della sicurezza nel paese non ha fatto altro che peggiorare, giorno dopo giorno. [2]

Dati alla mano, gli attacchi terroristici nel Sahel sono quintuplicati dal 2016. Oltre alle vittime civili, sono aumentati notevolmente gli attacchi ai militari e alle forze internazionali. Secondo il Global Terrorism Index 2019 paesi come il Mali e il Niger sono ancora tra i primi 10 stati maggiormente colpiti dal terrorismo in Africa. Durante l’ultimo trimestre del 2019, quasi 200 soldati, tra cui 100 nigerini e oltre 90 maliani [3], sono stati uccisi dagli estremisti. L’esercito francese ha perso in totale più di 50 uomini.

Il problema di fondo è che non è possibile intervenire in “missioni di pace” senza effettivamente conoscere il territorio, le sue caratteristiche e la storia presente e passata. Ad esempio, mentre la Francia si impegnava a combattere il terrorismo, la crisi nella regione si è trasformata in un conflitto etnico interno. Nello specifico, nella regione di Mopti c’è conflitto tra Fulani e Dogon, così come tra Bambara e Fulani. A Timbuctù e Gao c’è un conflitto tra i Tuareg e gli Arabi da un lato, e tra i Tuareg e i Songhai dall’altro.

E ancora. La Francia è stata inoltre accusata da molti maliani di proteggere e sostenere gruppi separatisti armati a Kidal, a nord del Mali. Spieghiamo meglio. Durante il suo intervento l’esercito francese, aiutato da altri eserciti africani, ha cacciato da Kidal i jihadisti legati ad Al-Qaeda, ma non ha fatto niente per liberare il territorio dai 50.000 abitanti tuareg che la occupano ingiustamente. [4]

Dall’altra parte il crescente interesse della Russia nella regione ha attirato l’attenzione di governo ed abitanti, speranzosi di trovare soluzioni alternative. Le truppe russe sarebbero sufficienti a rimpiazzare immediatamente quelle francesi. Al momento pare che l’opinione pubblica del Mali favorisca l’arrivo dei russi, soprattutto per tentare di far fronte alla precaria situazione politica del Paese. Dopo il colpo di stato dei mesi scorsi, a luglio il nuovo presidente del governo di transizione, il colonnello Assimi Goïta, è stato vittima di un tentato omicidio alla Grande Moschea di Bamako.

Cosa si prospetta per il Mali?

Le scelte, se possiamo definirle tali, sono due. Stabilire un nuovo accordo di cooperazione con la Russia, ad esempio, ritenuta più adatta a gestire la situazione, addestrando l’esercito locale e fornendo protezione. Oppure trattare con i jihadisti, mossa totalmente esclusa dalla Francia.

[di Gloria Ferrari]