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Il governo Draghi, con il pretesto dei fascisti, punta alla stretta sui cortei

Il governo intende porre una stretta sulle autorizzazioni a manifestare in seguito all’assalto alla sede della CGIL condotto da Forza Nuova. Secondo quanto riportato [1] dal Corriere della Sera Il premier Mario Draghi avrebbe chiesto che d’ora in poi ci siano maggiori verifiche sulla sicurezza prima di dare il via libera ai cortei. Il semaforo verde dalle prefetture arriverà solo dopo una valutazione rigorosa dei rischi, limitando al massimo i cortei. In ogni caso le autorizzazioni alle manifestazioni statiche potranno essere rilasciate soltanto con garanzie reali di rispetto delle regole da parte degli organizzatori.

Sempre secondo quanto riportato dal Corriere, “la linea è tracciata: adesso la strategia deve cambiare. Dovrà essere stilata la lista dei luoghi che potrebbero essere presi di mira da chi protesta, predisponendo un cordone di protezione. Se si riterrà che non ci siano le condizioni per garantire la sicurezza, la manifestazione dovrà essere vietata impedendo in ogni modo a chi ha presentato richiesta di riuscire comunque a scendere in piazza”.

Quali saranno e chi dovrà assicurare “le garanzie reali” per poter ottenere l’approvazione delle manifestazioni non è specificato. Ne tantomeno trapela da palazzo Chigi quali siano le “regole” che dovranno essere rispettate. Forse che si intenda utilizzare le norme anti-covid per restringere il diritto a manifestare come già è avvenuto in Val di Susa [2] contro il movimento No Tav? Per ora si tratta di indiscrezioni, o meglio di desideri del premier Draghi raccolti dal maggiore quotidiano italiano – attraverso la collaudata tecnica del retroscena, il quale solitamente cela veline arrivate direttamente dall’entourage dell’interessato – che andranno tradotti in misura di legge. Di certo appare chiaro come l’assalto alla Camera del Lavoro guidato da un manipolo di fascisti lasciati agire indisturbati si stia rivelando utile a giustificare una nuova stretta repressiva, rischio che già avevamo paventato nell’editoriale di ieri [3].

In Italia una stretta organica sul diritto a manifestare non è mai avvenuta durante la storia repubblicana, nemmeno negli anni ’70 quando nelle piazze si mettevano le bombe e molti militanti erano armati. Vi furono controverse leggi speciali che ampliarono le possibilità di indagini e carcere preventivo, ma nessuna stretta di legge al diritto ad esprimere opinioni di protesta nelle strade.