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Il viaggio delle auto vecchie e pericolose che inquinano l’Africa (e il pianeta)

Circa 14 milioni di auto vecchie e ad alto tasso inquinante continuano ad essere esportate dai paesi ricchi a quelli considerati in via di sviluppo. Tra il 2014 e il 2018 più della metà di questi veicoli è stata inviata in Africa. Sono dati riportati e analizzati da un report stilato dal Programma ambientale delle Nazioni Unite [1] (UNEP), secondo cui nonostante lungo il continente africano non ci siano ancora strade e infrastrutture adeguate e organizzate come in altre zone del mondo, il traffico su gomma si sta sviluppando sempre di più.

Milioni di auto, furgoni e minibus usati, provenienti prevalentemente da Europa, Stati Uniti e Giappone, stanno di fatto ostacolando gli sforzi per combattere il cambiamento [2] climatico. I mezzi esportati, infatti, contribuiscono all’inquinamento atmosferico perché spesso sono di scarsa qualità e per niente adatti a superare i test di idoneità alla circolazione (a cui, per questo, non vengono assolutamente sottoposti).

Si stima che, nel solo 2019, dal porto di Anversa abbiano preso il largo circa 320mila veicoli di seconda mano destinati a raggiungere l’Africa occidentale. Un numero in costante aumento, da anni.

Ad esempio la Guinea ha importato, nel 2018, un totale di 67.313 veicoli [3]. Il 64% di questi proveniente dal Belgio e il 97% molto usato (e abbastanza mal messo). Cifre alte se si pensa alla mancanza di strade percorribili e alle poche persone istruite a guidare una vettura. Si tratta per lo più di auto che secondo gli standard europei non potrebbero essere vendute e nemmeno esportate: dovrebbero, insomma, finire dritte da un’autodemolizione.

Infatti gli esperti hanno rilevato che l’80% di queste auto non rispetta gli standard di sicurezza e ambiente nel paese da cui sono state esportate, finendo per avere un grosso impatto sulla salute degli individui e sull’ambiente circostante nei paesi di arrivo. I mezzi emettono particolato fine e ossidi di azoto, considerati fra le principali fonti di inquinamento atmosferico in molte città. Più in generale il settore trasporti è considerato fra quelli maggiormente inquinanti: quasi un quarto delle emissioni di gas serra proviene dagli spostamenti e dal traffico su strada.

Jane Akumu, esponente dell’UNEP, ha raccontato che alcuni paesi africani non hanno uno standard di classificazione solido e ben definito in materia di auto importate. “In circa 30 paesi africani non esistono limiti di età per le auto. Quindi, qualsiasi tipo di auto, di qualsiasi epoca può entrare”. Infatti nel 2017 l’età media di un veicolo diesel importato in Uganda era di oltre 20 anni. Auto che, oltre ad essere ormai vecchie e malandate, risultano mancanti di alcuni pezzi importanti. La maggior parte delle auto è stata manomessa prima di essere importata per rimuovere parti (potenzialmente) di valore, rivendibili, ad esempio, nel mercato europeo. Queste parti spesso vengono sostituite con alternative economiche, che rendono la vettura ancora più pericolosa da usare.

In Marocco e in Kenya la crescente consapevolezza della potenziale mortalità dei veicoli introdotti nei propri territori ha portato ad un cambio di rotta: un incremento di regolamenti e restrizioni a cui sottoporre i veicoli [4] prima di introdurli nel paese. Hanno applicato, ad esempio, alcuni limiti di età accettando solo auto fra i 5 e gli 8 anni. Un passo importante ma non sufficiente, soprattutto perché, come sostiene UNEP, “Da un lato, non è etico che questi paesi sviluppati esportino veicoli che non sono idonei alla circolazione sulle proprie strade e dall’altra perché i paesi importatori hanno aspettato così tanto tempo per mettere in atto degli standard minimi?”. Per affrontare davvero il problema è necessario, in sintesi, agire da entrambe le parti.

Nel marzo 2020 la Commissione Europea, attraverso la sua rappresentante Ursula von der Leyen, ha presentato un piano di economia circolare e tutela ambientale, definito “uno dei pilastri del green deal europeo.” Nel documento si legge che uno degli obiettivi più importanti, a cui è finalizzato il piano, è raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 [5]. Esportare mezzi altamente inquinanti al di là del mare di certo non contribuirà a rispettare le promesse prese.

[di Gloria Ferrari]