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Il corteo contro il green pass, i fascisti e l’assedio alla CGIL: un altro punto di vista

Al netto dell’assalto alla sede da parte dei fascisti di Forza Nuova, punto che riprenderemo, la protesta di ieri davanti alla CGIL è un sano esercizio di democrazia di un corteo di lavoratori che si sentono non rappresentati dal sindacato e che cercano rappresentanza proprio dove dovrebbero trovarla.

Il punto di vista è forte e legittimamente criticabile, quindi spieghiamoci bene. I dati di partenza oggettivi sono i seguenti: dal 15 ottobre circa 4 milioni di lavoratori, colpevoli di non aver violato nessuna disposizione di legge (cioè di aver scelto di non fare un vaccino non obbligatorio) avranno due scelte: 1. Spendere circa 200 euro/mese in tamponi (ammesso e non concesso che potranno sceglierlo dato che se tutti optassero per questa strada non vi sarebbero tamponi per tutti e assisteremmo a file chilometriche davanti alle farmacie) 2. Rimanere a casa dal lavoro senza stipendio né contributi previdenziali. Altro dato di partenza utile: una norma così severa sul green pass è presente solo in Italia e Grecia [1], in tutti gli altri paesi europei non esiste l’obbligatorietà di mostrare il passaporto sanitario per recarsi al posto di lavoro.

Quattro milioni di cittadini che saranno discriminati sul luogo di lavoro. C’è tema che più di questo dovrebbe essere in cima all’agenda di una organizzazione il cui compito è proprio quello di tutelare gli interessi dei lavoratori e i cui funzionari da questi ricevono il salario proprio a questo scopo? Una rappresentanza di questi 4 milioni di individui ieri era a Roma a manifestare e ha deciso di arrivare sotto alla sede centrale del principale sindacato italiano per chiedere ai suoi dirigenti di prendere posizione. Vero che il segretario della CGIL, Maurizio Landini, i tamponi gratuiti sul luogo di lavoro li ha chiesti da tempo, ma chi come lui ha una lunga storia sindacale alle spalle sa benissimo che senza mobilitazioni di piazza e scioperi le richieste lasciano spesso il tempo che trovano, e queste azioni non sono state messe in campo, a differenza da quanto fatto ad esempio dal sindacato CGT in Francia [2]. Di fatto i lavoratori italiani privi di green pass si ritrovano abbandonati al loro destino e non una rappresentanza sindacale si è fatta fino ad ora vedere al fianco di chi manifesta. Eppure le mobilitazioni dal basso degli operai non sono mancate, come quella dei portuali di Trieste [3] che in modo compatto, vaccinati e non, hanno deciso di protestare ad oltranza giudicando il green pass «non una misura sanitaria, ma di discriminazione e di ricatto che impone a una parte notevole dei lavoratori di pagare per poter lavorare e che punta a dividere i lavoratori».

In apertura si accennava ai fascisti. Questo è un altro punto da chiarire. A guidare l’assalto alla Camera del Lavoro ed arringare la folla c’erano tre volti noti e impresentabili dell’estremismo nostalgico del duce: Giuliano Castellino (leader di Forza Nuova, già condannato a 5 anni e mezzo di carcere per violenze e che in quella piazza a termini di legge non avrebbe potuto esserci in quanto sottoposto alla misura della “sorveglianza speciale”), Roberto Fiore (che di Forza Nuova è fondatore, già condannato per i reati di associazione sovversiva e banda armata), e infine Luigi Aronica (ex militante del gruppo terrorista dei NAR e come Fiore invischiato in molte trame oscure degli anni ’70 e ’80, già condannato a 18 anni di carcere). Premettendo che dalla prefettura di Roma qualcuno dovrebbe chiarire perché a tali soggetti sia stato permesso, e non è la prima volta, di portare la violenza in una manifestazione (nei video si notano chiaramente [4] Fiore e Castellino agire indisturbati e incitare la folla all’irruzione nei locali della CGIL a pochi passi dalle forze di polizia che li osservano senza intervenire), il punto di riflessione anche in questo caso è però un altro.

Nonostante la tendenza da parte della stampa a usare la presenza di questi personaggi per rappresentare l’intera piazza come un covo di fascisti, questo non è vero e lo dimostrano non solo le immagini della piazza ma dati oggettivi. Forza Nuova ha una capacità di mobilitazione misera, di poche decine di unità, testimoniata da ogni corteo da loro organizzato. Come da sua tradizione cerca di infiltrarsi nei cortei spontanei e mimetizzarsi per prenderne l’egemonia cercando di orientarli a proprio tornaconto. Riesce a farlo con una certa frequenza negli ultimi anni proprio perché le organizzazioni politiche e sindacali che tradizionalmente rappresentavano le istanze dei lavoratori da quelle piazze sono scomparse.

All’ultimo corteo contro il green pass di Trieste, guidato da centinaia di portuali organizzati, non si sono fatti vedere sapendo che sarebbero stati fisicamente cacciati a pedate. Una volta rimosso il solito pretesto dei fascisti dalla discussione rimane il dato di fatto: migliaia di lavoratori davanti alla sede della CGIL manifestavano chiedendo a gran voce al sindacato di difendere il loro posto di lavoro. Ci fossero nelle sedi sindacali orecchie pronte ad ascoltare sarebbe un segnale chiaro e in un certo senso positivo di fronte a leader che spesso lamentano la mancanza di mobilitazione delle masse lavoratrici.

Per quanto riguarda il movimento contro il green pass se una lezione ci deve essere è la seguente: occorre prendere immediatamente consapevolezza che personaggi come quelli di Forza Nuova devono essere allontanati con ogni mezzo dalle manifestazioni. Da sempre la loro funzione è quella di agire per portare un caos utile solo al mantenimento dello status quo, non a caso vengono solitamente lasciati agire indisturbati. E, loro si, ad assaltare una Camera del Lavoro ci provano gusto, il leader che rimpiangono cento anni fa iniziò la presa del potere proprio così.

[di Andrea Legni – direttore responsabile de L’Indipendente]