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Una centrale nucleare slovena mette a rischio l’Italia?

Il governo di Lubiana ha deciso per il raddoppio della centrale nucleare di Krško. Una decisione che desta più di una preoccupazione, presa nonostante diversi esperti abbiano sollevato più di una perplessità. Come nel caso dei potenziali rischi per l’Italia. L’impianto, infatti, sorge su un’area a rischio sismico a soli 130 chilometri da Trieste ed è privo di un deposito per smaltirne i rifiuti. In tutto questo – denuncia Altreconomia [1] – Roma però tace. Il provvedimento è stato approvato lo scorso luglio dal parlamento sloveno con 49 voti a favore e 17 contrari. La struttura, unica centrale nucleare dell’ex Jugoslavia, avrebbe dovuto chiudere battenti nel 2023, ma il governo già nel 2016 optò per prorogarne la chiusura di vent’anni, al 2043.

L’impianto di Krško, da solo, soddisfa il 40% dell’intero fabbisogno energetico nazionale sloveno. Motivo per cui la nazione ne è tanto affezionata. Quando fu costruito, ormai quarant’anni fa, però non si disponevano di informazioni adeguate sulla sismicità del sito. Ora, però, ne siamo a conoscenza: la struttura ricade in un’area a rischio sismico medio-alto [2]. L’unica in tutta Europa a essere collocata in una zona con tale grado di pericolosità. E non si tratta solo di ipotesi avanzate da studi geologici: di conferme, infatti, ce ne sono fin troppe. Basti pensare allo scorso dicembre, quando la cittadina croata di Petrinja è stata gravemente colpita da un terremoto di magnitudo 6.4, a circa 80 chilometri di distanza dalla centrale nucleare Krško. Oppure a marzo 2020, quando a tremare è stata Zagabria, a 50 chilometri dall’impianto, o peggio, al 2015, quando un sisma di magnitudo 4.5 si è verificato a soli 12 chilometri dalla struttura.

Le autorità slovene hanno tuttavia sempre rassicurato su quanto la centrale sia tra le più sicure in Europa ed inoltre, nel 2016, la Commissione Ue ha ribadito i risultati incoraggianti di uno ‘stress test [3]‘ realizzato nel 2011. Non è però dello stesso parere il sismologo Livio Sirovich: «gli impianti – ha spiegato – erano stati calcolati per resistere a terremoti troppo piccoli. Si capì che un evento sismico, lì, poteva generare accelerazioni massime del suolo addirittura doppie rispetto a quelle considerate dal progetto. Solo che, ormai, era troppo tardi per modificare le strutture. In ballo c’erano già troppi interessi economici per fare marcia indietro». La Slovenia, tra l’altro, sarebbe fortemente intenzionata a realizzare una nuova centrale, col triplo della potenza, adiacente a questa. Nonostante le opinioni [4] in merito siano discordanti. Nel 2013, ad esempio, il Servizio nazionale francese di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (Irsn) scrisse alla società energetica Gen Energija, proprietaria dell’impianto, che «la scoperta di una nuova faglia attiva non permette di concludere in modo favorevole sull’adeguatezza dei due siti per la costruzione di una nuova centrale nucleare».

[di Simone Valeri]

Aggiornamento (07/10/2021): Il titolo e parti dell’articolo sono stati modificati di modo che non vengano alimentati allarmismi ingiustificati. Le opinioni in merito alla sicurezza della Centrale rimangono contrastanti, tuttavia, questo non indica che l’Italia si trovi in una situazione di pericolo imminente.