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Svelato il lobbying dell’industria della carne sulle Nazioni Unite

La settimana scorsa si è tenuto a New York il “Food System Summit”, il vertice delle Nazioni Unite che mira a rendere i sistemi agricoli globali più sostenibili e conseguentemente a contrastare la fame nel mondo ed a raggiungere entro il 2030 i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile [1] (OSS). Nel periodo che ha preceduto lo svolgimento dello stesso, però, le Nazioni Unite hanno a quanto pare ricevuto pressioni da parte delle lobby della carne: Unearthed, il braccio investigativo della Ong ambientalista Greenpeace, ha infatti reso noto [2] di essere in possesso di alcuni documenti dai quali emerge chiaramente il fatto che l’industria zootecnica abbia sollecitato le Nazioni Unite a sostenere una maggiore produzione di carne e latticini ed a promuovere dunque l’allevamento intensivo.

Per comprendere precisamente la questione, però, c’è bisogno di fare una breve premessa: nei mesi che hanno preceduto il vertice, i “cluster”, ossia i gruppi di discussione, hanno lavorato per produrre documenti che offrissero soluzioni sostenibili per il sistema alimentare. A tal proposito, in una bozza del documento elaborato dal gruppo “allevamento sostenibile”,  a cui hanno partecipato gli esponenti di alcune associazioni industriali tra cui l’International Meat Secretariat e l’International Poultry Council, era stato affermato che «i progressi nei sistemi di allevamento intensivo» potessero «contribuire alla conservazione delle risorse planetarie». Tali tesi, però, hanno successivamente innescato una spaccatura tra l’industria della carne ed alcuni scienziati e Ong, che si sono aggiunti al gruppo solo in seguito alla stesura della bozza.

Detto ciò, secondo Unearthed alcune associazioni dell’industria della carne, tra cui Meat Secretariat e Poultry Council, hanno per questo successivamente scritto una lettera a esponenti di spicco delle Nazioni Unite all’interno della quale hanno accusato i nuovi membri di «promuovere una posizione ideologica anti-bestiame» e hanno minacciato di ritirarsi dal vertice in segno di protesta. Alla fine, però, i funzionari delle Nazioni Unite che sovrintendono al vertice hanno risolto la vicenda permettendo al cluster di produrre tre documenti [3] di posizione anziché uno.

Le industrie della carne hanno quindi evidentemente vinto questa battaglia, dato che solo uno dei documenti descrive gli svantaggi dell’agricoltura industriale e afferma chiaramente la necessità di ridurre significativamente il consumo globale di carne e latticini. Inoltre ora, a pochi giorni dal vertice (tenutosi, come detto, la scorsa settimana) tra gli «impegni presi» compare anche quello di sviluppare «sistemi di allevamento sostenibili» [4].  In tal senso, si legge sul sito del Summit, «i sistemi zootecnici e le catene del valore contribuiscono a molti degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite».

Si tratta però di un impegno che si pone in contrasto con le evidenze scientifiche: gran parte degli esperti a livello mondiale concorda sul fatto che gli allevamenti siano responsabili di almeno il 14% delle emissioni globali [5], mentre uno studio [6]pubblicato recentemente ha evidenziato che le emissioni globali di gas serra derivanti dagli alimenti di origine animale sono il doppio di quelle derivanti dagli alimenti di origine vegetale.

[di Raffaele De Luca]