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Pericolosi giochi di guerra nell’Indo-Pacifico: tutti contro la Cina sotto la regia Usa

Per contrastare il crescente potere militare della Cina, numerose nazioni asiatiche e non, per lo più sotto l’influenza degli Stati Uniti, stanno creando imponenti scorte di armi e contorte alleanze militari. Quella che si sta delineando è una vera e propria corsa al riarmo, in cui i vari paesi stanno cercando di rifornirsi delle tecnologie militari più moderne e minacciose, esasperando così le tensioni geopolitiche della zona, in uno scenario da guerra fredda.

Numerosissime sono le alleanze intrecciate dagli USA in chiave anti-cinese. Dal punto di vista diplomatico c’è QUAD [1], una sorta di NATO che coinvolge anche Giappone, India e Australia. Da un punto di vista commerciale c’è FOIP (Free and Open Indo-Pacific Strategy), strategia volta a creare una piattaforma di libero mercato tra il continente africano e quello asiatico per contrastare il potere commerciale cinese. Ma anche, a raggio più ampio, la Western Belt and Road [2], un programma alternativo alla Via della Seta. E non manca nemmeno l’alleanza di intelligence, in questo caso chiamata Five Eyes, e pensata per sorvegliare e monitorare il dragone da cinque punti: Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e USA.

L’ultimissimo prodotto della strategia anti-cinese americana è AUKUS, un’alleanza militare trilaterale volta a condividere tra i partecipanti (USA, Regno Unito e Australia) la tecnologia per la difesa navale, per incrementare il controllo occidentale della zona del mare Indo-Pacifico, togliendola all’influenza cinese. Un patto che è appoggiato anche da Taiwan, un alleato americano in chiave anti-cinese. L’Indo-Pacifico è una regione di vitale importanza geopolitica [3] per la nuova strategia di contenimento messa in atto dalla nuova amministrazione Biden, più concentrata sulla guerra commerciale rispetto alle amministrazioni precedenti.

Ma gli USA non sono certo gli unici a volersi armare contro la Cina.

Sottomarini nucleari e missili ipersonici forniti dagli Usa all’Australia e 8.7 miliardi di dollari investiti da Taiwan (la “provincia ribelle”) per aggiornare gli armamenti, con una speciale attenzione per gli aerei da guerra. Missili ballistici con annessi sottomarini (SBLM) per la Corea del Sud, con un incremento del 4,5% del budget militare entro il 2022 e un nuovo piano per la creazione di un satellite spia da lanciare nello spazio. Anche per il Giappone, un aumento del 2,6% del budget militare nel 2022. Queste sono solo alcune delle numerose iniziative militari che i paesi che gravitano intorno all’Indo-Pacifico stanno intraprendendo per difendersi da un potenziale attacco cinese.

Ovviamente, anche la Cina sta facendo la sua parte. Il paese ha infatti recentemente avviato una produzione in massa di missili DF-26, molto potenti, oltre a missili ipersonici e intercontinentali, capaci di coprire distanze fino a 4000 chilometri. Tutte queste armi, sempre più sofisticate e pericolose e abbondanti su entrambi i fronti, non fanno che aumentare la probabilità che le tensioni nella zona si esasperino. Spesso le escalation degli armamenti non portano a guerre, e d’altra parte nessuno degli attori in campo pare desiderare un conflitto potenzialmente devastate e globale. Tuttavia si tratta di giochi pericolosi che altre volte nella storia sono sfuggiti di mano con tragiche conseguenze.

[di Anita Ishaq]