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Migranti, la Corte dei conti europea vuole più rimpatri

Lunedì 13 settembre, la Corte dei conti europea (ECA) ha pubblicato un report che è passato relativamente in sordina, ma che ci offre uno spaccato trasparente sulla direzione verso cui si sta muovendo la politica migratoria europea.

In “EU readmission cooperation with third countries: relevant actions yielded limited results [1]”, gli analisti di Lussemburgo si sono detti insoddisfatti dal come le nazioni europee si stiano interfacciando con i canali di transito dei clandestini, argomento quanto mai attuale se si tiene conto che lo “straniero” sia al centro delle retoriche dei Governi di ogni fazione.

Vista la natura dell’indagine, gli autori non hanno preso in analisi come l’Europa, realtà geopolitica che si fa portavoce dei diritti umani, spenda risorse ed energie per respingere lavoratori e rifugiati non dotati della corretta documentazione, piuttosto si sono concentrati sul fatto che non faccia abbastanza per rimpatriarli una volta che questi riescono a superare abusivamente il confine.

Ogni anno, i tribunali europei decretano infatti che debbano essere rimpatriati circa mezzo milione di immigrati non autorizzati, tuttavia solamente il 29% di questi sottostà effettivamente all’ingiunzione ricevuta. La statistica cala poi al 20% se si prendono in considerazione esclusivamente le nazioni extraeuropee.

In pratica, un solo migrante illegale su cinque viene effettivamente espulso dall’area UE, dettaglio che, stando al report, non farebbe che istigare il traffico di persone e le speranze dei disperati. Il responsabile dell’indagine, Leo Brincat, sottolinea che una simile inefficienza sia scaturita perlopiù da una gestione inadeguata dei negoziati tra UE e Paesi terzi, soprattutto quelli nordafricani, i quali sembrano trarre più profitto dall’interfacciarsi con le singole nazioni piuttosto che con l’Associazione Europea di Ricollocamento (EuRA). I Governi dell’Unione Europea, in altre parole, si dimostrano incapaci di coordinarsi, di parlare con una sola voce e di collaborare anche in questo frangente emergenziale.

La gestione dei rimpatri è peraltro un’operazione già complicata di suo, resa ardua dal fatto che non sempre sia facile risalire con certezza alla nazionalità degli immigrati, nonché dalla consapevolezza che i Paesi di origine facciano spesso il possibile per complicare l’iter burocratico. Gli ispettori, riconoscendo queste difficoltà, sollevano dunque l’attenzione anche su una soluzione che ha ancora ampio margine di crescita: la clausola sui cittadini di Paesi terzi (TCN).

Secondo questa opzione, gli immigrati di difficile rimpatrio potrebbero essere spediti nell’ultima nazione extra-UE che hanno visitato, piuttosto che essere rimandati nelle loro terre d’origine. L’approccio del reinsediamento comporta però a sua volta una serie di insidie, prima fra tutte la percezione che l’Europa stia cercando di esternalizzare la gestione migratoria, ovvero che si stia lanciando in un poderoso scaricabarile su Amministrazioni che sono spesso restie a sottoscrivere una clausola tanto complessa.

Le conclusioni del report danno a intendere che, spalleggiata dai «Paesi Membri chiave», l’EuRa debba farsi progressivamente unica portavoce dei negoziati e che i dati debbano essere raccolti e condivisi sinergicamente, in modo che ogni migrante da rimpatriare sia immediatamente individuabile e identificabile. Un corpo unico che gestirà un controflusso migratorio anche grazie alla collaborazione di Paesi extraeuropei, collaborazione che verrà resa fertile da una mole crescente di incentivi e finanziamenti.

[di Walter Ferri]