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Sardegna, a processo per terrorismo gli attivisti contro le basi militari NATO

Il Tribunale di Cagliari ha deciso di rinviare a giudizio 43 militanti antimilitaristi del movimento sardo A Foras che si batte contro la presenza delle basi militari americane sul territorio sardo. Verso cinque attivisti i magistrati hanno deciso di contestare addirittura la violazione dell’articolo 270 bis, ovvero “associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”. Rischiano pene fino a 15 anni di carcere, senza che a loro carico sia contestato alcun fatto violento, a meno che non si vogliano considerare tali gli “episodi di imbrattamento e danneggiamento con scritte su beni delle Poste Italiane, istituti di credito, Tirrenia e della Rwm, la fabbrica di armamenti di Domusnovas finita negli ultimi anni al centro delle polemiche per le armi vendute in Medio Oriente”. Questi sono infatti gli atti più “gravi” riportati a loro contestazione dagli organi di stampa locali [1].

Il giudice ha accolto le richieste del sostituto procuratore Guido Pani, disponendo che vengano processati 43 dei 45 indagati nell’inchiesta sui disordini durante alcune manifestazioni contro le basi militari in Sardegna. Tra le manifestazioni finite nel mirino degli investigatori ci sono quelle avvenute davanti al poligono di Capo Frasca, Salto di Quirra e Decimomannu, tra il 2014 e il 2017.

La realtà delle “servitù militari” che la Sardegna paga alla Nato è impressionante. L’isola pur ospitando appena il 2% della popolazione italiana è gravata dal 60% dell’onere militare. Sull’isola sono oltre 35.000 gli ettari di territorio sotto vincolo di servitù militare. I disagi sono enormi: in occasione delle esercitazioni viene interdetto alla navigazione, alla pesca e alla sosta, uno specchio di mare di oltre 20.000 chilometri quadrati. Sull’isola ci sono poligoni missilistici (Perdasdefogu), per esercitazioni a fuoco (Capo Teulada), poligoni per esercitazioni aeree (Capo Frasca), aeroporti militari (Decimomannu) e depositi di carburanti (nel cuore di Cagliari) alimentati da una condotta che attraversa la città, oltre a numerose caserme e sedi di comandi militari (di Esercito, Aeronautica e Marina). Si tratta di strutture e infrastrutture al servizio delle forze armate italiane o della Nato. Il poligono del Salto di Quirra-Perdasdefogu (nella Sardegna orientale) di 12.700 ettari e il poligono di Teulada di 7.200 ettari sono i primi due poligoni italiani per estensione, mentre il poligono Nato di Capo Frasca (costa occidentale) ne occupa oltre 1.400. Inoltre il problema è anche ambientale e di salute. Nei pressi dei poligoni di tiro è stata rilevata la presenza di metalli pesanti quali cadmio, piombo, tungsteno, antimonio e altri in valori oltre la soglia, risultanti sia dalle operazioni di brillamento degli esplosivi, sia dall’interramento indiscriminato dei rifiuti militari pericolosi in forma di polveri sottili, le quali, insinuandosi ovunque, avrebbero inquinato i territori e le falde acquifere. Esistono anche procedimenti giuridici in corso [2] per decessi sospetti, in particolari per tumori al sistema emolinfatico, forse correlati alle attività militari.

Il movimento A Foras si batte appunto contro questo stato di cose, chiedendo la fine di quella che chiamano «occupazione militare» della Sardegna. In seguito agli arresti è stato emesso un comunicato [3] che nel quale si precisa che «A Foras non è certo sorpresa da questa decisione, che conferma la natura politica di questa indagine e del processo che comincerà il 6 dicembre. La contestazione del reato associativo, come se gli attivisti sardi fossero mafiosi e non militanti politici, indica come il vero obiettivo del processo non sia quello di far luce sui singoli reati che gli indagati avrebbero commesso, tutti da dimostrare peraltro. L’obiettivo è quello di mettere sotto accusa e disperdere un movimento che gode di una diffusa simpatia popolare e che negli ultimi anni aveva rialzato la testa. Proprio a partire dalla grande manifestazione di Capo Frasca di cui ricorreva ieri il settimo anniversario. I 45 indagati e indagate sono stati scelti per spaventare tutti i sardi e le sarde che da decenni lottano contro le basi militari. Questo processo vuole spaventare i sardi con una chiara minaccia: chi lotta contro le basi è un terrorista eversore».