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L’Italia armerà i suoi droni? Lo lascia intendere un documento della Difesa

Gli aeromobili militari a pilotaggio remoto, meglio noti come droni o UAV, sono ormai parte integrante delle strategie di sorveglianza e di difesa delle Forze armate occidentali in quanto rappresentano un enorme vantaggio nelle dinamiche di guerra, soprattutto in un panorama bellico asimmetrico.

Allo stesso tempo, i droni non mancano di sollevare parecchie perplessità, se non altro perché i modelli dotati di missili terra-aria sono noti per essere soggetti a un uso scriteriato che porta a un numero disarmante di vittime collaterali [1]. Fino a oggi, l’Italia si è chiamata fuori da questo bagno di sangue e ha adoperato gli apparecchi incriminati solamente nell’ottica dello spionaggio, sembra tuttavia che le cose stiano per cambiare e che anche i militari nostrani siano in procinto di entrare nel settore dei bombardamenti hi-tech.

A suggerirlo tra le righe è il Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2021-2023 [2], il carteggio con cui la Difesa esplicita pubblicamente le previsioni di spesa del budget per gli anni venturi. Tra le più di duecento pagine digitali, emerge una rapidissima parentesi in cui si annuncia l’adeguamento del “payload” – il carico utile – dei MQ-9, droni colloquialmente detti MALE Reaper.

Cosa si intenda nel contesto per payload è motivo di dibattito. Ciò che sappiamo è che il dicastero sia convinto che tale aggiornamento renderà «disponibile una flessibile capacità di difesa esprimibile dall’aria» e che introdurrà «una nuova opzione di protezione sia diretta alle forze sul terreno che a vantaggio di dispositivi aerei durante operazioni ad elevata intensità/valenza».

Secondo RID [3], rivista specializzata del settore, non vi sono ambiguità: l’esercito italiano avrebbe accantonato ogni dubbio etico per abbracciare con convinzione l’uso degli UAV armati, strategia definitiva con cui minimizzare le proprie perdite. Un’interpretazione estrema, ma per nulla inverosimile, se si tiene conto che i principi etici del Bel Paese si siano già dimostrati flessibili nel momento in cui si è scelto di lasciar decollare MQ-9 dotati di missili dalla base americana di Sigonella [4], Sicilia.

Vista l’ambiguità della terminologia adottata dal Ministero della Difesa è altresì possibile che si tratti di un grande fraintendimento, che la modifica del carico utile abbia magari a che fare con strumentazioni non letali. Per risolvere l’arcano abbiamo provato a chiedere chiarimenti agli uffici ministeriali, ma siamo ancora in attesa di un opportuno riscontro.

[di Walter Ferri]