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I costi finanziari e umani della “guerra al terrorismo” americana

A 20 anni dall’attentato alle Torri Gemelle e al termine almeno formale della lunghissima guerra in Afghanistan, gli Stati Uniti sono uno dei paesi più militarizzati del mondo, con potentissimi effetti sia a livello domestico che a livello globale. I costi di questa militarizzazione sono inestimabili: il report State of Insecurity [1] dell’Institute for policy studies ha cercato di ricavare dei numeri, almeno per quanto riguarda le spese. Tuttavia si tratta di costi non solo finanziari, ma anche civili, sociali e umani.

Come rivela il report, nel nome della sicurezza gli USA hanno investito in militarizzazione, sorveglianza e repressione un totale di circa 21 trilioni (miliardi di miliardi) di dollari negli ultimi 20 anni. Di questi, 16 trilioni sono andati direttamente all’esercito e 3 ai programmi per veterani, mentre 949 miliardi sono stati diretti all’istituto dell’Homeland Security e 732 alle autorità federali. Come riporta il documento, con una frazione minima di questa spesa, gli USA avrebbero potuto fornire vaccini gratuiti a tutto il terzo mondo, eliminare il debito universitario, creare 5 milioni di posti di lavoro e garantire asili nido gratuiti per 10 anni.

Per quanto riguarda le spese prettamente militari, 460 miliardi sono stati impiegati nei programmi per lo sviluppo di armi nucleari e 267 nell’aiuto militare a regimi stranieri. Le cifre, con qualche oscillazione, non hanno fatto che aumentare dagli anni ’70 in poi. Delle spese per l’Homeland Security, le somme più alte sono state destinate alle guardie di frontiera e costiere, per portare avanti un’azione di contrasto all’immigrazione irregolare. Anche in questo caso, una cifra in crescita costante.

Ovviamente, non tutti i costi della militarizzazione possono essere tradotti in dollari. Tra i più irreparabili ci sono le migliaia di morti che le guerre portate avanti dagli Stati Uniti in Africa e nel Medio Oriente hanno causato tra i civili.

Parliamo di almeno 22mila decessi, ma secondo le stime potrebbero raggiungere anche i 50mila. A fronte di queste cifre, rilasciate dall’organizzazione londinese Airwars [2], il governo americano ne dichiara poche decine. L’anno più sanguinoso, secondo il report, sarebbe stato il 2003, quando più di 5mila civili sono stati uccisi, quasi tutti in Iraq. Ma se consideriamo le stime (e non solo le morti certe), l’anno peggiore sarebbe stato il 2017, anno in cui potrebbero aver perso la vita quasi 20mila civili.

Contattate dal quotidiano inglese The Independent [3], le autorità statunitensi hanno però professato la massima trasparenza in materia, dichiarando che «nessun esercito sulla faccia della terra si impegna più dell’esercito americano per evitare decessi tra i civili.»

[di Anita Ishaq]