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Come i profitti delle banche europee vanno nei paradisi fiscali

Secondo quanto emerso dall’analisi pubblicata da Eu Tax Observatory [1] (laboratorio indipendente di ricerca che ha sede nella Paris School of Economics) le banche europee – col fine di risparmiare sulle tasse – continuano a utilizzare in maniera significativa i paradisi fiscali per contabilizzare i loro profitti. Anche se è aumentata l’attenzione – tanto nel dibattito pubblico quanto nel mondo politico – rispetto a questi temi, gli istituti di credito non hanno ancora ridotto la loro presenza in Paesi a fiscalità agevolata. Il report [2] pubblicato da Eu Vax Observatory (“Have European baks left tax havens? Evience from country-by-country data”) documenta quindi le attività delle banche europee nei paradisi fiscali e come quest’ultima si sia evoluta a partire dal 2014 fino a oggi.

Per ottenere trasparenza il più possibile, dal 2014 è stato reso obbligatorio il rendiconto finanziario (il documento in cui si attestano tutti i flussi di cassa avvenuti in un determinato periodo) Paese per Paese; nonostante la misura adottata sette anni fa, dal report sopracitato si apprende che le 36 banche prese in analisi – le quali sono tenute, appunto, a rendere pubblici i risultati delle loro attività Pese per Pese –  hanno registrato circa il 14 per cento (dato rimasto pressoché stabile dal 2014 al 2020) dei loro profitti complessivi nei paradisi fiscali. Quindi, i principali istituti di credito europei hanno spostato un corrispettivo di circa 20 miliardi di euro in territori che possano permettere benefici fiscali. Eu Tax Observatory ha quindi esaminato le operazioni condotte dalla maggiori banche europee in 17 diversi paesi; tra questi emergono Bermuda, Panama, Isole Vergini britanniche e Isole Cayman, che hanno una tassazione pari a zero.

Sempre dal report si apprende che tra i primi dieci istituti di credito evasori, due sono italiani. Al secondo posto della lista si colloca infatti il Monte dei Paschi di Siena, con ben il 50 per cento dei profitti registrato nei paesi a fiscalità agevolata. Invece, al decimo posto si trova Intesa San Paolo che ha registrato nei paradisi fiscali il 10 per cento degli utili. Non solo, ma dallo studio di Eu Tax Observatory emerge che, addirittura, dal 2014 alcune banche abbiano aumentato la percentuale di utile registrata nei paradisi fiscali, piuttosto che diminuirla: anche in questo caso, c’è stato un incremento di un quinto da parte Monte dei Paschi di Siena e di un ottavo da parte della banca Intesa San Paolo.

[di Francesca Naima]