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I dati biometrici dell’intero Afghanistan sarebbero caduti in mano ai talebani

Non è insolito leggere su giornali e sui social che i talebani siano retrogradi o che, al pari di belligeranti Amish mediorientali, ripudino la tecnologia per abbracciare integralmente delle narrative di stampo religioso. Che non abbiano in simpatia la modernizzazione occidentale è chiaro, ma chiunque presti attenzione alle foto pubblicate sui giornali si renderà conto che i guerrieri talebani sono tutt’altro che fermi all’epoca di scimitarre e cavalli.

Prima hanno accolto le jeep e i kalashnikov, quindi i social media e le chat di gruppo e ora il loro arsenale digitale potrebbe essere in procinto di compiere un gigantesco balzo avanti, estendendosi alla raccolta dei dati biometrici degli abitanti afghani. Un trionfo tecnico che, a ben vedere, gli è stato concesso dall’avversario di sempre: gli Stati Uniti.

Alcuni informatori del The Intercept [1] hanno infatti rivelato che l’Handheld Interagency Identity Detection Equipment (HIIDE) dell’esercito americano sia finito ormai nelle mani del redivivo Emirato Islamico. In altre parole, i talebani hanno ottenuto degli strumenti capaci di identificare dati biometrici quali le impronte digitali e le scansioni delle iridi, nonché un gigantesco archivio di informazioni biografiche che esplora a fondo la vita di tutti coloro che in Afghanistan hanno interagito con gli Stati Uniti.

L’idea originariamente dietro a HIIDE era quella di mappare in totale l’80% dei locali, un tentativo estremo di controllo che era mirato a limitare grandemente l’imprevedibilità propria agli attentati terroristici. Non sappiamo quanto i soldati americani fossero lontani dal raggiungere un simile traguardo, tuttavia hanno passato anni a scansionare tutti i collaboratori di passaggio per i vari check-point, costruendo profili molto approfonditi su coloro che l’attuale establishment potrebbe oggi perseguire.

Gli USA non sono certamente celebri per l’attenzione nel difendere la privacy ed è facile che l’esercito abbia attinto a piene mani i dati degli afghani senza mai chiedersi quanto un simile atteggiamento fosse corretto e, cosa più rilevante, se fosse il caso di programmare un sistema di autodistruzione qualora gli archivi fossero dovuti finire nelle mani sbagliate.

Si tratta ovviamente di illazioni, l’Ufficio della Segreteria della Difesa si è rifiutato categoricamente di commentare la situazione, ma i diretti interessati non possono che essere ulteriormente stretti da una rinnovata tenaglia d’ansia, se non per sé stessi, per tutti i familiari e gli amici che simili database informatici potrebbero rendere vulnerabili.

Non resta che augurarsi che i talebani e i loro alleati non siano in grado di accedere e gestire un archivio tanto complesso e, nel frattempo, continuare a domandarsi se sia il caso o meno di imporre nuovi limitazioni internazionali sul come sia lecito adoperare le nuove tecnologie sui campi di battaglia.

[di Walter Ferri]