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Nei Caraibi gli sversamenti di petrolio stanno devastando le comunità locali

Continue fuoriuscite di petrolio danneggiano da tempo i Caraibi; basti pensare che ci sono state 498 fuoriuscite [1] di petrolio segnalate a terra e in mare dall’inizio del 2018. In una delle aree più importanti per la biodiversità di Trinidad e Tobago, il Golfo di Paria – che rappresenta più del 60% di tutta l’attività di pesca – le fuoriuscite di petrolio stanno compromettendo la pesca, in un paesaggio segnato da macchie di “oro nero”. Il più recente sversamento di petrolio è avvenuto proprio nel Golfo di Paria e questa è solo l’ultima delle svariate fuoriuscite che da tempo minacciano di devastare tanto le forme di vita quanto le attività umane legata ai luoghi. Responsabile dell’ennesimo – e più recente – sversamento di petrolio è la compagnia petrolifera Paria Fuel Trading Company Limited, dalla quale pervengono le seguenti informazioni: la Paria fa sapere di avere notato la fuoriuscita di petrolio intorno alle 19.30 di sabato 7 agosto. La causa, spiega la compagnia, è riconducibile alla perdita lungo una conduttura di greggio, lunga 30,48 cm.

La Fishermen and Friends of the Sea (FFOS [2]) ha poi mosso delle accuse contro la compagnia petrolifera Paria Fuel, che secondo la FFOS avrebbe omesso e nascosto informazioni sulla fuoriuscita di petrolio nel Golfo di Paria, denunciata solo in data 9 agosto. Le Autorità di Gestione Ambientale di T&T hanno riconosciuto le fuoriuscite [3] così come ha poi fatto la Paria Fuel. Quest’ultima, ha precisato di essere subito entrata in azione per limitare il più possibile il danno. Dall’azienda viene spiegato il posizionamento strategico dei bracci assorbenti così da prevenire l’ulteriore propagarsi del petrolio in mare, precisando poi come i camion di aspirazione stessero rimuovendo il petrolio raccolto sulla terraferma. Per quanto riguarda le strisce di petrolio in mare, invece, la soluzione è stata quella di “romperle meccanicamente”. Dichiarazioni, queste ultime, che vengono però contrastate dall’opinione di Lisa Premchand – direttrice del programma FFOS – la quale specifica l’assenza di prove che possano dimostrare l’effettivo uso dei bracci col fine di contenere la rischiosa fuoriuscita.

Secondo alcune testimonianze, invece, la Fuel starebbe usando dei prodotti chimici così da disperdere il petrolio, ma è vietato l’utilizzo delle suddette sostanze vicino la costa e, inoltre, prima che il petrolio possa degradarsi dovranno passare anni. Mentre la Paria Fuel non ha ancora reso noto il volume di petrolio fuoriuscito, dai video condivisi [4] dal segretario aziendale della FFOS, Gary Aboud, si palesano le conseguenze della dispersione del petrolio. Le comunità della zona, poi, come la comunità costiera di Claxton Bay, sono composte prevalentemente da pescatori. Sono anni che eventi simili accadono e il non riuscire a controllare le fuoriuscite, potrebbe portare a un vero disastro per l’ambiente e per l’economia, per la fornitura di cibo e per lo stile di vita delle comunità. Infatti, un rapporto del Ministero dell’Agricoltura del 1992, ha dimostrato che circa 40.000 persone dipendono direttamente o indirettamente dall’industria della pesca come principale fonte di reddito che, però, diviene sempre più difficile – e rischiosa – da effettuare con il crescente inquinamento.

[di Francesca Naima]