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Primo weekend di Green Pass: in tutta Italia il caos è totale

In Italia, come è ormai noto, dal 6 agosto il Green Pass è divenuto obbligatorio per poter svolgere diversi tipi di attività. Il debutto del lasciapassare sanitario, però, non è stato di certo impeccabile, ed in vari settori sono arrivate le critiche da parte delle relative associazioni di categoria per i disagi verificatisi a causa di tale strumento.

In tal senso, l’Associazione Guide Turistiche Abilitate (AGTA) ha pubblicato un comunicato stampa [1] con cui sono state segnalate le difficoltà emerse nel primo giorno di applicazione del Green Pass per entrare nei siti culturali. «A Roma, la fila per il Colosseo è stata di circa 45 minuti nella prima parte della mattinata, ma è diventata di un’ora e mezza per quelli che si sono messi in fila alle 11.30, mentre alle 13:00 non era più calcolabile perché lunga 350 metri, su due corsie. E si noti che al Colosseo si può entrare solo con prenotazione, che è ad orario e che ha un suo costo in più oltre al biglietto». Nonostante ciò, dunque, i visitatori sono entrati «a tutt’altro orario da quello preventivato». Ovviamente vi sono state alcune eccezioni: ad esempio ai Musei Vaticani le persone con prenotazione «hanno fatto in tutto 10 minuti di fila». Tuttavia non si è appunto trattato della norma, infatti anche al Pantheon i visitatori hanno dovuto fare i conti con una «fila di 40-45 minuti», così come a Pompei nelle prime ore della mattina.

Ma quali sono state, nello specifico, le difficoltà connesse all’uso del Green Pass? La risposta a questa domanda è stata fornita da Isabella Ruggiero, presidente dell’AGTA, la quale ha elencato i motivi alla base di queste perdite di tempo, ossia la «assoluta insufficienza del personale preposto», la frequenza di «intoppi tecnici» nonché la pretesa delle persone di «entrare anche senza Green Pass». In molti «non sapevano che servisse anche per i monumenti», e ciò secondo Ruggiero è dovuto ad una campagna di informazione non impeccabile. Ad ogni modo, però, il problema principale non è tanto quello delle lunghe attese per i monumenti più importanti, ma quello dei gravi danni per i siti minori. «Al Colosseo oggi vedete le file, ma quasi nessuno di voi si accorgerà di quando chiuderanno singole sezioni e altri monumenti meno famosi».

Anche nel settore della ristorazione sono emersi problemi legati a tale strumento: Giancarlo Banchieri, il Presidente di Fiepet (associazione che riunisce ristoranti, bar ed altre imprese della somministrazione aderenti a Confesercenti), ha affermato [2] che il Green Pass «si sta rivelando un disastro». Innanzitutto a causa dei «malfunzionamenti dell’app deputata a scansionare il certificato», per la quale bisogna avere «uno o più smartphone dedicati di ultima generazione o quasi». In più poiché «in questa situazione di incertezza i tavoli rimangono vuoti», in quanto le persone «preferiscono evitare complicazioni e scelgono di consumare solo all’aperto». Perciò, «la speranza è che la situazione si normalizzi presto, perché non sarebbe sostenibile proseguire in questo modo».

Da menzionare poi anche il settore scolastico: Udir [3], un sindacato dei dirigenti scolastici, ritiene infatti che l’obbligo del Green Pass per tutto il personale (che entrerà in vigore dal primo settembre) «non risolva assolutamente i problemi della sicurezza nelle scuole ma crei moltissimi problemi ai capi di istituto che si troveranno da soli ad affrontare una situazione molto complessa». Infine, critiche al lasciapassare sono arrivate anche dalle associazioni del settore turistico, le quali hanno emesso un comunicato [4] in cui si legge che «numerose sono state le disdette di pacchetti per la norma sulla ristorazione al chiuso e per musei e luoghi della cultura».

Detto ciò, questa situazione è stata resa ancora più difficile nella Provincia autonoma di Trento, dove è stata imposta, tramite la circolare D337/2021 [5] del Dipartimento Salute e Politiche sociali, l’obbligatorietà della certificazione verde anche per i senza tetto, che non potranno accedere alle mense pubbliche o alle strutture dove dormono senza di essa. Ciò, come sottolineato dal TGR Trento [6], potrebbe rendere impossibile la vita a qualche centinaio di senza dimora, che non avendo la residenza non potranno chiedere di essere vaccinati e, quindi, non potranno avere la certificazione. E per quanto riguarda i tamponi,  c’è da considerare che essi hanno un costo che queste persone non possono permettersi.

[di Raffaele De Luca]