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Reazioni avverse ai vaccini, lo Stato si prepara a una ondata di cause

«Stanno giungendo con intensità crescente alle nostre aziende (come alle Aziende Sanitarie di tutto il territorio nazionale) richieste per l’indennizzo/risarcimento a seguito della somministrazione del vaccino», è questa la prima parte di una lettera che la Direzione Generale Welfare e Prevenzione della Regione Lombardia ha recentemente inviato ai Direttori Generali delle ASST (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) e, per conoscenza, a quelli delle ATS (Agenzie di Tutela della Salute). Nel documento, di cui si è venuti a conoscenza grazie ad una fotografia [1] diffusa in questi giorni sul web, si legge inoltre che tali richieste sono «sostanzialmente tutte identiche», hanno ad oggetto gli eventi avversi verificatisi e «sono trasmesse anche al Ministero della Salute». Ad esso infatti «si intende chiedere, tramite il Coordinamento Interregionale della Prevenzione, di farsi carico del riscontro ai cittadini e comunque di condividere il percorso da attuarsi».

Detto ciò, secondo quanto spiegato da un funzionario dell’agenzia di tutela della salute lombarda al quotidiano Il Sussidiario [2], al momento si tratta comunque di pochi casi (circa una trentina) che sono però appunto in aumento. Ma la Regione Lombardia non intende pagare, anche perché le richieste sono «sostanzialmente tutte identiche», come se dietro tale azione vi fosse quasi una sorta di regia comune. In tal senso – commentano sempre da Ats – da anni ci sono persone che hanno trasformato questo tipo di iniziative in «una fonte di business».

Ma, a prescindere da questa ipotesi, la questione degli indennizzi per i danni derivanti dai vaccini è alquanto complessa. La legge n. 210/1992 [3], che regola quest’aspetto, prevede un riconoscimento economico per tutti coloro che abbiano riportato «lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica», ma si riferisce solo alle vaccinazioni obbligatorie o necessarie, ossia quelle a cui ci si è sottoposti per poter effettuare un viaggio all’estero o per motivi di lavoro. Ed in tal senso il siero anti-Covid, tranne che per i sanitari (per i quali è previsto l’obbligo), è solo fortemente raccomandato, e le situazioni appena descritte non sono al momento presenti.

Tuttavia, va ricordato come la Corte Costituzionale abbia nel tempo ampliato la possibilità di ricevere gli indennizzi anche ad alcuni vaccini solo raccomandati dall’autorità sanitaria: ha infatti più volte giudicato incostituzionale una parte della legge sopracitata (il primo comma dell’articolo 1) stabilendo che, non indennizzando i soggetti danneggiati da determinati vaccini raccomandati, questi ultimi sono costretti a «sopportare tutte le conseguenze negative di un trattamento sanitario effettuato non solo nell’interesse dell’individuo, ma anche dell’intera società». Nello specifico, il novero dei vaccini in questione è stato mano mano ampliato, prima con la sentenza n.107/2012 [4], poi con la n.268/2017 [5] ed infine con la sentenza n. 118/2020 [6]. In pratica, come affermato in quella del 2017, applicando pienamente la legge vi sarebbe una disparità di trattamento derivante dal «riconoscimento solo ai soggetti obbligati, in caso di menomazioni permanenti, del diritto all’indennizzo, a fronte del medesimo rilievo che raccomandazione e obbligo assumono al fine della tutela della salute collettiva».

Ad ogni modo, però, ad oggi i sieri anti Covid non sono obbligatori per la popolazione né sono stati oggetto di una sentenza della Corte Costituzionale. Ed anche se le pronunce citate riguardavano casi simili, non è detto che saranno previsti indennizzi anche per tali vaccini. Tuttavia, se dovesse essere effettuato un ricorso nei confronti del Giudice di merito volto ad ottenere un indennizzo, quest’ultimo potrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale e la Corte dovrebbe poi esprimersi: si tratterebbe di un iter giudiziario lungo, il cui esito, però, appare tutt’altro che scontato.

[di Raffaele De Luca]