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Bologna, 90 operai licenziati con un messaggio su WhatsApp

Logista, leader nella distribuzione del tabacco in Italia, ha scelto di chiudere il sito di Bologna. Per avvisare i propri dipendenti della scelta presa, la multinazionale monopolista della distribuzione del tabacco ha “semplicemente” inviato, a circa novanta lavoratori, un messaggio WhatsApp. Il suddetto messaggio è il seguente: «Da lunedì 2 agosto lei sarà dispensato dall’attività lavorativa. Cordiali Saluti». Nella serata di sabato 31 luglio, sessantacinque addetti al magazzino di Logista hanno scoperto di essere stati licenziati, guardando le notifiche sul loro smartphone. Oltre agli addetti al magazzino, il “licenziamento telefonico” ha riguardato anche il personale delle pulizie, gli addetti alla vigilanza e il personale impiegatizio diretto. In questo modo, si arriva a circa novanta persone che hanno inaspettatamente perso il lavoro. Nessun preavviso per i dipendenti, molti dei quali si trovavano – finalmente – in ferie. Perché durante la pandemia, Logista Italia SpA non ha subito alcuno stop. Anzi, in quanto attività essenziale, i tabacchi hanno potuto evitare la forzata pausa che, invece, ha travolto moltissimi altri settori. Al sindacato è stata inviata una mail lo stesso giorno del messaggio WhatsApp, ma qualche ora prima, nel pomeriggio.

Il sindacato Sicobas esplica i motivi della scelta presa dalla multinazionale, motivi che non riguardano una crisi. «Il problema del sito di Bologna non è certo un problema di produttività, ma di costo del lavoro», sottolinea Sicobas. Logista Italia SpA avrebbe preso una scelta indubbiamente premeditata, rimasta in sordina fino a sabato 31 luglio. La scelta è quella di spostare l’attività non all’estero, bensì in zone dell’Italia dove il costo del lavoro possa essere più basso. È dal 2013 che Sicobas e i dipendenti hanno scelto di organizzarsi col fine di migliorare la loro situazione lavorativa. Anni dopo l’ottenimento di determinate richieste volte al rispetto dei diritti e al miglioramento delle condizioni economiche, la multinazionale ha ora scelto di aprire nuove sedi in luoghi che – ancora – mancano di tali incrementi. Dalla giornata di lunedì 3 luglio i lavoratori si sono organizzati per presidiare l’Interporto di Bologna, così da mostrare la loro indignazione e lottare per il loro posto di lavoro.

Un licenziamento di questo tipo è conseguenza diretta della revoca del blocco licenziamenti che ha dato il via a un domino di congedi. Le scelte di Draghi sono state appoggiate e sostenute anche dall’Unione Europea [1] che segue la “filosofia”: se non si può proteggere tutti non si deve proteggere nessuno. La proroga disposta dal Decreto sostegni bis al blocco dei licenziamenti, varato dal Governo Conte con il fine di evitare che migliaia di lavoratori subissero le conseguenze negative della crisi economica verificatosi con la pandemia, è scaduto il 30 giugno. Solo due giorni dopo, in Brianza, i dipendenti della Gianetti Ruote (nata nel 1880) senza alcun preavviso, hanno ricevuto una mail: «chiusura dello stabilimento», quindi l’avvio della procedura di licenziamento per ben 152 dipendenti. Poi, 442 lavoratori della Gkn Driveline di Firenze, sono stati licenziati in data 9 luglio [2]. È stata in seguito la volta dell’ex Embraco di Riva di Chieri in Piemonte, dove 400 persone hanno perso il posto di lavoro. Successivamente, la multinazionale che si occupa di elettrodomestici, la Whirlpool, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 327 dipendenti [3] della sede di Napoli. Un triste modello partito dal 30 giugno e che sembra ripetersi a iosa, lasciando migliaia di persone senza un posto di lavoro, con avvisi all’ultimo minuto, mortificate e con intere famiglie da mantenere, in un momento di grave crisi.

[di Francesca Naima]