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WhatsApp, nuova stretta censoria: bloccati 2 milioni di utenti

WhatsApp ha bloccato [1] 2 milioni di account in India nell’arco di un mese, ossia dal 15 maggio al 15 giugno del 2021: ciò è stato fatto nel 95% dei casi poiché gli utenti hanno inviato, senza esserne autorizzati, messaggi automatici o di massa (spam). L’app di messaggistica aveva infatti annunciato nel mese di aprile del 2020 l’imposizione di un limite alla condivisione di un messaggio identico tramite la funzione di inoltro, nel tentativo di contrastare la disinformazione.

Il numero di utenti che sono stati “puniti” il tal modo è stato reso noto da WhatsApp tramite il suo primo “rapporto di conformità” che, in base alle nuove regole stabilite dal governo indiano [2]ed entrate in vigore a maggio, ogni mese le piattaforme digitali con più di cinque milioni di utenti sono tenute a pubblicare. Al loro interno devono essere riportate dettagliatamente le azioni intraprese ed i reclami ricevuti. A tal proposito, WhatsApp ha fatto sapere di aver ricevuto 345 segnalazioni di reclami.

Detto ciò, per individuare gli account spam, l’app di messaggistica ha utilizzato un algoritmo basato sull’Intelligenza Artificiale che, stando a quanto sostenuto dalla società, è capace di analizzare il comportamento degli utenti senza leggere il contenuto delle conversazioni. In pratica, si tratta di una censura preventiva che si basa semplicemente sui meccanismi attuati dagli utenti.

Non sorprende, però, il fatto che il client di proprietà di Facebook si voglia tutelare in tal modo, dato che si è spesso trovato ad affrontare critiche sulla diffusione della disinformazione in India, paese che rappresenta uno dei suoi principali mercati con 400 milioni di iscritti. Ad esempio, la società è stata contestata quando nel 2018 decine di persone sono state linciate in seguito alla circolazione di informazioni su WhatsApp riguardanti presunte bande che rapinavano bambini. Ciò, dunque, ha spinto l’azienda a limitare la possibilità per gli utenti di inoltrare i messaggi.

Ad ogni modo, WhatsApp non condivide alcuni punti delle regole indiane sui social media. Proprio per questo, ha citato in giudizio [3] il governo indiano per uno dei requisiti, ovvero quello per cui le aziende dovrebbero individuare il “primo originatore” dei messaggi, quando richiesto. Il governo, però, ha dichiarato che tali richieste sarebbero state avanzate solo in relazione a reati gravi, ma nonostante ciò WhatsApp teme che ciò metterebbe fine alla tutela della privacy degli utenti in quanto richiederebbe alla società di monitorare ogni messaggio. E se ad affermarlo è proprio l’app di messaggistica che blocca moltissimi utenti senza farsi troppi problemi (a livello mondiale vengono bloccati mediamente otto milioni di account al mese), è probabile che quanto stabilito dal governo indiano superi davvero i limiti accettabili.

[di Raffaele De Luca]