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Ora lo dice anche Crisanti: “Noi pensiamo che coi vaccini si risolva tutto, ma non è così”

«Noi pensiamo che coi vaccini si risolva tutto, ma non è così. Per un virus che cambia come questo basare tutto su di essi a mio avviso non avrà l’effetto sperato, perché non abbiamo la capacità di aggiornare i vaccini alle varianti alla velocità con cui il SARS-CoV-2 muta». Parole dette niente meno che da Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova, uno degli esperti che solitamente riempiono i salotti dei talk show televisivi a tema Covid, già consulente tecnico della regione Veneto durante il periodo più critico della prima ondata.

Nell’intervista [1], rilasciata a Radio Cusano Campus, Crisanti specifica il motivo per il quale la vaccinazione non sarà a suo avviso risolutiva: «Per riformulare il vaccino ci vogliono un paio di mesi e mezzo anno per distribuirlo, nel frattempo il virus ha galoppato. Una cosa è vaccinare centinaia di migliaia di persone all’anno per l’influenza, altra cosa è vaccinare ogni anno decine di milioni di persone». Insomma, secondo Crisanti, il successo della campagna vaccinale in atto non comporterà la sconfitta del virus, il quale nel frattempo avrà con buone probabilità continuato ad evolversi in nuove forme sempre più adatte ad aggirare i sieri attualmente in commercio fino a renderli sempre meno efficaci.

Parole che dovrebbero quanto meno aprire un dibattito, anche perché rappresentano la riformulazione all’interno del confronto mainstream di dubbi da tempo espressi nella comunità scientifica. Settimane fa venne non solo emarginato dalla discussione pubblica ma addirittura ridicolizzato sui sedicenti siti di fact-checking il dott. Pierluigi Garavelli, primario di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, che disse cose molto simili [2], affermando che fosse un grande rischio vaccinare durante il picco epidemico e che la strategia di contrasto al virus avrebbe dovuto basarsi innanzitutto su comportamenti responsabili e cure domiciliari «assolutamente disponibili e valide».

Le opinioni espresse ora anche da Crisanti, tra l’altro, sono le stesse di uno studio scientifico [3] pubblicato su Plos Biology nel 2015, dal quale era emerso che i virus possono diventare più aggressivi e pericolosi quando si usano vaccini “imperfetti”, ovvero che prevengono la malattia ma non la trasmissione del virus ad altri individui. I ricercatori statunitensi e britannici avevano analizzato vari tipi di vaccini, concludendo che quelli che funzionano perfettamente, come i vaccini contro vaiolo, polio, orecchioni, rosolia e morbillo, sono capaci di prevenire la malattia ed anche la trasmissione del virus, mentre quelli imperfetti consentono al virus di sopravvivere, circolare ed evolvere verso forme più aggressive.