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L’Italia allenta le restrizioni sulla vendita di armi verso Emirati Arabi e Arabia Saudita

Il governo italiano ha rivisto le restrizioni alle esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che erano state vietate per non alimentare il conflitto in Yemen. Una nota diffusa dalla Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) alle aziende esportatrici di armamenti ha specificato che dal 30 giugno non è più necessaria la clausola end-user certificate (Euc) rafforzata, che era stata stabilita nel 2019 verso i due paesi del Golfo per evitare che le armi fossero utilizzate per alimentare il conflitto in Yemen. Una decisione facilmente ricollegabile al tentativo di riallacciare i rapporti con i ricchi Paesi del golfo che si erano deteriorati negli ultimi mesi.

La clausola Euc rafforzata imponeva alle aziende italiane impegnate nell’export di armi verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti di presentare alla Uama una certificazione nella quale gli acquirenti assicuravano che le armi in questione non sarebbero state utilizzate nel sanguinoso conflitto in Yemen, che dal 2015 ha causato oltre 10.000 morti e 3 milioni di sfollati [1]. Con la modifica il divieto decadrà per le armi leggere, ma rimarrà in vigore per missili e bombe, in quanto queste esportazioni erano state oggetto di un ulteriore divieto stabilito da un passaggio parlamentare [2] nello scorso gennaio, che rimane in vigore.

La mossa annunciata dalla Uama non è stata in alcun modo commentata dal governo né dal ministero degli Esteri. Tuttavia non è difficile ricollegarla ai recenti fatti che avevano colpito in particolare le relazioni tra Roma e Abu Dhabi. Il 2 luglio scorso gli Emirati Arabi avevano sfrattato i militari italiani dalla base di Al Minhad, utilizzata dal 2003. Infrastruttura utilizzata per trasferire uomini e materiali in Afghanistan, nonché come base per le missioni in Kuwait e in Iraq: decisione evidentemente collegata al divieto posto sull’export delle armi. Mentre ricollegabile alle tensioni tra i due paesi può essere anche il caso di Andrea Costantino, imprenditore milanese di 49 anni, recluso da tre mesi nel carcere di Abu Dhabi senza che sia stato formulato a suo carico alcun capo d’imputazione. Manovre che evidentemente hanno rapidamente spinto il governo Draghi verso più miti consigli.