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Diritto all’eutanasia: in Italia l’ultima strada rimane il referendum

L’associazione Luca Coscioni ha iniziato a raccogliere firme per un referendum [1] sull’eutanasia. L’obiettivo è raccoglierne 500mila entro il 30 settembre. Il quesito prevede l’abrogazione dell’articolo 579 del codice penale che definisce l’omicidio del consenziente (che rende la persona che pratica l’eutanasia passibile di pesanti sanzioni) e propone la legalizzazione dell’eutanasia attiva.

In Italia, la battaglia per il diritto ad esser lasciati morire è iniziata nel 1979. In più di 40 anni, nonostante l’attivismo, le numerose proposte di legge e il diffuso sostegno popolare, la politica è sempre riuscita ad ignorare la questione. Considerata la storia dell’eutanasia in Italia, fatta di negligenza, moralismo, indifferenza verso la dignità umana, e decenni di battaglie parlamentari infruttuose un referendum sembra l’unico modo per dare ad una pratica sostenuta dai più ed esistente in forma clandestina una dimensione istituzionale e regolamentata.

In Italia, la lotta per l’eutanasia è cominciata con una raccolta firme nel 1979. Una serie di casi hanno, negli anni, spaccato in due l’opinione pubblica. Uno dei primi quello di Elena Moroni, che si trovava in una condizione di coma irreversibile a causa di un edema cerebrale. Nel 1998 il marito staccò il respiratore, scampando una pena di 9 anni in carcere solo perché all’ultimo la donna fu riconosciuta come clinicamente morta. Nel 2006, Piergiorgio Welby, affetto da una distrofia muscolare progressiva, morì dopo 15 anni di atroci sofferenze, grazie ad un medico che per aiutarlo rischiò una condanna per omicidio colposo. Nel 2009 morì dopo ben 17 anni trascorsi in stato vegetativo persistente Eluana Englaro, la giovane donna di Lecco vittima di un incidente stradale. Due anni prima, nel 2007, si spegneva a seguito di uno sciopero della fame Giovanni Nuvoli, malato di sclerosi laterale amiotrofica e completamente paralizzato. Più recentemente, nel 2017, dopo un incidente che lo aveva lasciato cieco e tetraplegico, DJ Fabo ottenne il suicidio assistito in Svizzera. Anche lui, completamente abbandonato dal suo paese. Si tratta di una serie di casi agghiaccianti che hanno segnato il dibattito pubblico. Persone costrette non a vivere, ma a sopravvivere, nonostante la loro volontà.

Non che il paese non abbia provato a muoversi verso la legalizzazione dell’eutanasia. Nel 2016, quattro proposte di legge in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari obbligatori per i malati terminali sono state presentate in Parlamento, ma sommariamente analizzate e poi accantonate. Gli ultimi tentativi sono stati fatti dal Movimento 5 stelle, nel 2019, ancora una volta senza successo. Eppure, la maggior parte degli italiani sono favorevoli all’eutanasia. Secondo i sondaggi Eurispes [2], si parla di più della metà della popolazione nel 2015, una quota che nel 2021 è salita al 70,4%.

L’eutanasia è completamente legalizzata in 4 paesi europei: il Belgio, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Spagna (in quest’ultima già dal 1995). In molti paesi dell’Europa orientale la pratica è vietata sia nella sua forma passiva (come interruzione delle cure sanitarie) che attive (come suicidio assistito), mentre in Italia e nel resto dell’Europa la forma passiva è implicitamente tollerata.

[di Anita Ishaq]