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Il disturbo post-traumatico? Si cura con l’MDMA

Un team di ricerca dell’Università della California a San Francisco, ha confermato [1] che l’MDMA può essere somministrata come medicinale per la cura del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Già da tempo, negli Stati Uniti, si stanno conducendo delle ricerche su questa sostanza, tanto che quatto anni fa, aveva ricevuto dalla Fda statunitense (Food and Drug Administration) la designazione di breakthrough therapy, ovvero la priorità nella sperimentazione, dopo alcuni risultati consistenti ottenuti clinicamente.

Ma che cos’è l’MDMA? MDMA sta per metilenediossimetanfetamina, una sostanza psicoattiva alla base dell’ecstasy, la quale comporta leggeri effetti psichedelici e un profondo stato rilassante. Effetti che, secondo gli esperti, in una terapia per disturbi post-traumatici, potrebbero aiutare il soggetto a rimuovere ricordi e immagini terrificanti associate al trauma. Attualmente, i farmaci utilizzati per il trattamento di questo tipo di disturbo – gli inibitori sertralina e paroxetina -, non stanno dando risultati ottimali. Questi infatti, nel 40-60% dei pazienti, non funzionano.

Per lo studio, il team di ricerca ha coinvolto 90 partecipanti con disturbo da stress post-traumatico grave e persistente, dividendoli in due gruppi. Uno di questi, avrebbe ricevuto un trattamento con MDMA, l’altro un placebo, insieme a diverse sessioni psicoterapeutiche per la durata di quattro mesi. Alla fine della ricerca, l’88% dei volontari curati con MDMA ha avuto una significativa riduzione dei sintomi, il 28% in più rispetto ai pazienti trattati soltanto con placebo e sessioni psicoterapeutiche. Gli esperti hanno spiegato che, se molte terapie contro il PTSD spesso prevedono di riportare alla memoria il trauma vissuto, la metilenediossimetanfetamina ha invece la capacità di far aumentare nel soggetto la compassione verso se stesso e, di conseguenza, diminuire la paura. I risultati benefici terapeutici ottenuti con la somministrazione di questa sostanza, non erano mai stai rilevati con altri farmaci. Pertanto la ricerca sta continuando con la seconda parte, la quale prevede 50 volontari in più. Gli esperti hanno un chiaro obiettivo: l’approvazione dalla Fda della terapia contro il disturbo post-traumatico, entro il 2023.

[di Eugenia Greco]