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La svolta del Messico: i narcos si combattono legalizzando la cannabis

La Corte Suprema messicana ha eliminato [1] il divieto di consumo di cannabis a scopo ricreativo: con otto voti a favore e tre contrari ha annullato una parte della Legge generale sulla salute, che proibiva di utilizzare la marijuana al di fuori del campo medico e scientifico. Precisamente, la Corte ha «risolto» la Dichiarazione generale di incostituzionalità del 2018: in quell’anno, infatti, aveva dichiarato incostituzionale il divieto nei confronti della cannabis, ed aveva ordinato al Congresso (ossia il Parlamento) di occuparsi di una sua regolamentazione. Tuttavia quest’ultimo non lo ha mai fatto: ha violato varie volte le scadenze imposte dalla Corte, motivo per cui la stessa ha preso questa decisione. A tal proposito, in seguito a quanto stabilito, i messicani potranno chiedere alla Commissione federale per la protezione contro i rischi sanitari (Cofepris) i permessi per poter consumare, coltivare e trasportare marijuana per scopi ricreativi.

Ad ogni modo, però, la decisione della Corte costringe ancora una volta il Congresso ad occuparsi del tema Infatti, come sottolineato da Lisa Sánchez [2], la direttrice generale della Ong Mexico Unido contra la Delinquencia, «sono i legislatori a dover determinare il modo migliore per rilasciare i permessi, le quantità e gli spazi di consumo, dunque dovrebbero legiferare su questo».

Detto ciò la direzione in cui si sta muovendo il Messico, la patria dei narcos, va contro la cosiddetta “war on drugs” ossia la “guerra alla droga”. Si tratta difatti del paese dove più che in ogni altro l’ideologia della guerra ad ogni tipo di sostanza stupefacente ha generato i maggiori danni. [3] Basti pensare alle innumerevoli persone morte in questi anni (spesso civili) a causa degli scontri tra i vari cartelli della droga o tra di essi e lo stato, o anche al sistema di sicurezza prodotto da tale politica, rivelatosi violento ed inaffidabile. In tal senso, va ricordato che il governo negli anni della presidenza di Felipe Calderon (2006-2012) ha dato carta bianca ai militari, alimentando così abusi di potere, torture, e sparizioni. Tutto ciò però non ha minimamente indebolito i cartelli della droga: ha solo reso maggiormente insicuri i quartieri delle città messicane, che si sono appunto caratterizzati per le violenze non solo dei criminali ma anche delle forze dell’ordine. Insomma, essendo chiaro che il proibizionismo non si sia rivelato efficace nella lotta alla droga, il Messico ora si appresta ad intraprendere la strada opposta.

[di Raffaele De Luca]