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Canada: l’orrore delle scuole per “integrare” i bambini indigeni, spiegato

Nel Nordamerica si è nuovamente acceso il dibattito sulla violenza che le tribù native hanno subito nel corso degli ultimi secoli. Un nuovo ritrovamento di ben 751 tombe di bambini indigeni avvenuto in Canada ha fatto esplodere la rabbia e il dolore nelle comunità nativo-americane di tutto il Nordamerica, che hanno risposto anche dando fuoco ad alcune chiese. Fatti di cronaca che hanno portato anche all’attenzione dei media il fenomeno delle Boarding School, ovvero le scuole per l’assimilazione dei bambini indigeni, che fanno riemergere un passato di indicibile sofferenza che i popoli nativi hanno affrontato con la conquista e la colonizzazione del continente.

La tribù dei Cowessess ha annunciato [1] di aver scoperto 751 tombe non segnate vicino alla vecchia Indian Residential School di Marieval, nella provincia canadese del Saskatchewan, conosciuta anche come “Grayson”. Alla fine di maggio era stata scoperta una fossa comune [2] coi resti di 215 bambini indigeni appartenenti alla tribù dei Tk’emlúps te Secwépemc, vicino alla Indian Residential School di Kamloops, nella British Columbia. A seguito di questi recenti avvenimenti sono state date alle fiamme un totale di quattro chiese [3] cattoliche nella Columbia Britannica. Due sono state incendiate dopo l’ultimo ritrovamento e altre due erano già state distrutte dal fuoco dopo il ritrovamento della fossa comune alla fine maggio.

La Kamloops Indian Residential School, una delle più grandi del Paese, iniziò l’attività alla fine del 1800 sotto la gestione della Chiesa cattolica prima di passare sotto il controllo del governo nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento, prima di chiudere i battenti nel 1978. Il Primo Ministro canadese, Justin Trudeau, ha espresso il suo dolore dicendo che il suo Paese deve imparare dal passato e lavorare per la riconciliazione, invitando anche il Papa e la Chiesa a fare la propria parte. Per il Ministro dei Servizi Aborigeni canadese, Marc Miller, questa verità è stata «troppo spesso negata».

Le Boarding School sono state, sia in Canada che negli USA, un’istituzione religiosa e/o statale fulcro delle politiche di assimilazione forzata dei popoli indigeni. Sotto il giogo della guerra totale, nella seconda metà dell’Ottocento, in tutto il Nordamerica, è stata allestita la politica assimilazionista che mirava a fare del nativo un soggetto integrato al sistema sociale moderno e cristiano. La più famosa Boarding School del Nordamerica è stata senz’altro quella di Carlisle [4], in Pennsylvania. Quest’istituto fu fondato dal capitano R.H. Pratt, nel 1879, il quale riteneva che tali scuole fossero funzionali ad una “educazione all’estinzione”. Il motto di Pratt era “kill the indian, save the man”; “uccidi l’indiano, salva l’uomo”. I corpi degli indigeni erano intesi come contenitori da svuotare per essere riempiti con la cultura dell’uomo bianco. Spesso, il violento processo di svuotamento portava alla morte dei corpi che dovevano essere assimilati. Così, dalla seconda metà dell’Ottocento, fino ad una buona parte della seconda metà del Novecento, decine e decine di migliaia di bambini indigeni vennero strappati con la forza alle proprie famiglie per essere educati alla civilizzazione. Una volta che i bambini entravano in questi luoghi dovevano dimenticare tutto ciò che sapevano di sé stessi, della propria cultura e delle tradizioni: venivano tagliati loro i capelli e veniva affidato loro un nome cristiano scelto dalla Bibbia. Da quel momento in poi avrebbero dovuto seguire i precetti della Bibbia e adottare usi e costumi degli uomini bianchi. Ogni volta che venivano infrante le regole i trasgressori venivano puniti severamente: digiuno forzato, frustate e abusi sessuali erano utilizzati come metodi di annichilimento e indottrinamento forzato.

Alessandro Martire, rappresentante presso l’Alto Commissariato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite della tribù Lakota Sicangu, spiega nel suo libro Nuovo Mondo. Errori, orrori e furori della colonizzazione delle Americhe lo scopo delle terribili azioni condotte a danno delle giovani generazioni. Con tali atti di violenza si voleva instillare «la vergogna nei giovani nativi verso la loro cultura, la loro storia, la loro famiglia, rendendo ridicole le loro usanze e la loro spiritualità attraverso quindi un vero e proprio “lavaggio del cervello” effettuato al fine di spersonalizzare completamente il ragazzo. Non sono mancati casi di ripetuti abusi sessuali perpetrati da preti e suore delle Missioni nei confronti di bambine e bambini e in molti casi i bimbi morivano di stenti, si lasciavano morire o le malattie facevano il loro lavoro; in tali casi i corpicini dei nostri piccoli non venivano neppure restituiti ai genitori, ma sepolti in fosse comuni vicino alla missione stessa».

Due giorni prima del ritrovamento dei 751 corpicini in Canada, il Ministro dell’Interno USA, Deb Haaland [5] (appartenente ai Laguna Pueblo), si era rivolta alla conferenza di metà anno del Congresso nazionale degli indiani d’America (NCAI). «Come molti di voi, sono stato profondamente colpita dalla notizia dei 215 bambini trovati in una fossa comune in un collegio in Canada. Non ho potuto fare a meno di pensare alle loro famiglie», aveva detto Haaland in quell’occasione, annunciando l’istituzione, negli Stati Uniti, della Federal Indian Boarding School Initiative. L’iniziativa ha il compito di identificare le Boarding School che sono state attive nel Paese e fare una ricerca di siti di sepoltura. Haaland ha chiesto al suo ufficio che sia stilata una relazione dettagliata entro il 1° aprile 2022.

«C’è una resa dei conti», ha detto Chase Iron Eyes [6], attivista indigeno degli Stati Uniti e consulente principale per il Lakota People’s Law Project, con sede nel North Dakota. Nelle scuole canadesi e statunitensi non insegnano «che ci sono fosse comuni di bambini in scuole residenziali e collegi gestiti dal governo. E ora non siamo più in grado di nasconderci da quelle verità», ha concluso Iron Eyes. «Abbiamo il diritto di sapere cosa è successo ai bambini che non sono mai tornati a casa dai collegi indiani», ha scritto in una nota la National Native American Boarding School Healing Coalition (NABS)».

[di Michele Manfrin]