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Ravenna: le proteste dei portuali fermano il carico d’armi per Israele

La determinazione dei portuali ravennati ha portato una nuova vittoria nel boicottaggio dei carichi di armi per Israele, fermando un carico diretto ad alimentare il conflitto in Medio Oriente. I sindacati avevano proclamato lo sciopero per il prossimo 3 giugno, giorno nel quale sarebbe dovuta salpare la nave Asiatic Liberty carica di armamenti diretta dal porto romagnolo a quello di Ashdod, in Israele, affermando che i lavoratori non avevano intenzione di caricare container di armi. La lotta dei portuali ha portato immediati risultati e per scongiurare lo sciopero e, probabilmente, per evitare l’attenzione mediatica che i sindacati erano riusciti ad attirare sulla questione, l’armatore ha rinunciato al carico.

Ad annunciarlo sono stati in una nota congiunta [1] i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, sottolineando che «I lavoratori del porto di Ravenna, pur consapevoli che il loro atto di testimonianza a favore della pace per i popoli israeliano e palestinese neppure lontanamente costituisca una azione risolutiva per la soluzione del conflitto, credono che fosse necessario ed ineludibile mandare un messaggio». Perché «l’unico modo per opporsi pacificamente alla guerra è prendere attivamente una posizione contro di essa, ogni volta che se ne abbia l’occasione».

La lotta contro la guerra dei lavoratori romagnoli si inserisce nella cornice delle tante mobilitazioni che in questi giorni hanno visto coinvolti i portuali di molte città italiane. È successo a Livorno e Napoli [2], dove i dipendenti del porto hanno rifiutato caricare navi che erano sospettate di trasportare armamenti verso Israele, per esprimere «vicinanza ai palestinesi, che da anni subiscono una spietata repressione ad opera di Israele». Ed è successo pure a Genova, dove i portuali raccolti nel  Calp (Collettivo autonomo lavoratori portuali) hanno bloccato un sospetto carico di armi [3] diretto questa volta in Arabia Saudita per alimentare il conflitto in Yemen. In ogni porto le parole d’ordine sono le medesime: «Le nostre mani non si sporcheranno di sangue per le vostre guerre».