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Caso Lukashenko: le democrazie hanno sempre dirottato chi volevano

La Bielorussia è sotto il fuoco diplomatico di tutto l’Occidente dopo l’arresto di Roman Protassevitch. Secondo le ricostruzioni più recenti, mentre l’aereo della compagnia irlandese Ryanair stava sorvolando la Bielorussia è stato costretto dalle autorità nazionali ad atterrare per un allarme bomba. Una volta che il velivolo è atterrato a Minsk, la polizia bielorussa ha arrestato uno dei passeggeri: Roman Protassevitch, un blogger ventiseienne che ha partecipato in maniera attiva alle proteste contro il Presidente bielorusso Lukashenko.

Nel giro di poco tempo, la Bielorussia si ritrova sotto il fuoco della potenza diplomatica occidentale. L’UE ha subito congelato 3 miliardi di euro di aiuti previsti per Minsk e ha vietato alle compagnie aeree bielorusse di entrare nello spazio aereo europeo ed ha inoltre istituito una no-fly zone sulla Bielorussia per tutte le compagnie aeree europee. Sono previste ulteriori sanzioni economiche, da qui ai prossimi giorni, da parte dell’Unione; durissime le parole di Ursula Von der Leyen che tira anche in ballo la Russia, incolpandola di un clima ostile creato con il suo comportamento per danneggiare l’Unione europea. Dalla Casa Bianca, Biden si unisce al coro della diplomazia europea e chiede immediatamente un indagine internazionale sull’accaduto.

Senza addentrarci nelle questioni particolare, vorremmo sommessamente far notare, ancora una volta, il doppio pesismo occidentale nel valutare i fatti. E tale modo di fare, dimostra una disonesta ipocrisia: ciò che succede nel proprio paese, diventa scandaloso e intollerabile se accade in un altro (specie se non alleato o schierato con i propri interessi e/o con quelli dei padroni). Due casi su tutti, analoghi a quanto accaduto in Bielorussia e per cui l’Occidente è stato responsabile.

Il primo in ordine di tempo riguarda Evo Morales e – indirettamente – Edward Snowden. Il 2 luglio del 2013 [1], l’aereo dell’allora Presidente boliviano, Evo Morales, di rientro da un vertice internazionale in Russia fu bloccato per 14 ore all’aeroporto di Vienna dopo che Francia, Spagna e Portogallo, su pressione statunitense, si sono rifiutati di far volare l’aereo presidenziale all’interno del proprio territorio. L’ipotesi di Washington era infatti che sull’aereo vi fosse anche il ricercato politico Edward Snowden, ex agente della NSA, e che fosse quindi necessario far scendere a terra e bloccare l’aereo di Morales. Nessuno ebbe niente da dire sul trattamento riservato al Presidente di una nazione sovrana e sulla caccia all’uomo statunitense per poter catturare la “bocca larga” di Snowden, reo di aver denunciato il programma di spionaggio segreto statunitense nei confronti dei propri stessi cittadini e anche dei leader europei.

L’altro caso, un po’ più datato, riguarda la cattura di Abdullah Öcalan, fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Il 15 febbraio 1999 Öcalan fu catturato dagli agenti dei Servizi Segreti turchi durante un suo trasferimento dalla sede della rappresentanza diplomatica greca in Kenya all’Aeroporto di Embakasi di Nairobi. Il suo arresto fu la conclusione di un lungo peregrinare del leader curdo per i vari Stati europei, scortato dai servizi segreti greci, alla ricerca di asilo politico. Soggiornò anche a Roma ma il Governo dell’allora Primo Ministro Massimo D’Alema, per evitare ritorsioni da parte di Ankara, non accolse tempestivamente la richiesta di Öcalan. Oggi, seppur l’aiuto e il sostegno fornito ai curdi in Siria con tanto di campagne mediatiche in funzione della guerra al Presidente siriano al-Asad e anche dell’ostilità celata con l’alleato turco, il PKK è ancora inserito nella lista dei gruppi terroristi di Stati Uniti e Unione europea, anche se nel 2018 la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che non erano stati soddisfatti i requisiti per includere il PKK nell’elenco e che quindi l’inserimento del 2002 deve ritenersi nullo. Öcalan sta sempre scontando l’ergastolo nelle carceri turche.

[di Michele Manfrin]