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Global Health Summit: gli interessi di Big Pharma prima di tutto

Nonostante i grandi annunci che lo hanno preceduto, il Global Health Summit del G20 è stato un vero flop. Il summit che si è tenuto a Roma – organizzato dall’Italia con la Commissione Ue – è culminato con l’approvazione della “Dichiarazione di Roma [1]”, una sorta di vademecum di 16 principi al quale Paesi del G20, Ue e organizzazioni internazionali sono arrivate dopo un lungo lavoro diplomatico. All’appuntamento, presieduto dal Primo Ministro Mario Draghi e dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, hanno partecipato i leader del G20, oltre che Mario Monti, Stella Kyriakides, Paolo Gentiloni, Tedros Ghebreyesus e l’onnipresente Bill Gates. Presenti inoltre i leader delle organizzazioni internazionali e regionali come Onu, Oms, Banca mondiale, Fmi, Ocse, Unione africana, Asean, Omc e Fao.

Se vi aspettavate che fosse presa una decisione in merito alla sospensione dei brevetti dei vaccini, in nome dell’equità globale, sarete delusi di sapere che niente è stato deciso e che quel poco che è stato deciso non è stato mosso dalla volontà di occuparsi in maniera risoluta del diritto universale alla salute. Gli interessi economici sono ancora ciò che domina su tutto.Non una parola nemmeno sulle strategie legate alle cure domiciliari: nonostante laddove applicate abbiano mostrato risultati incoraggianti [2], l’unica strategia globale rimane quella legata alle vaccinazioni di massa.

Mario Draghi, in apertura del summit, ha dichiarato: «Dobbiamo vaccinare il mondo e farlo rapidamente». Ursula Von der Leyen ha annunciato [3] che l’Unione Europea fornirà 100 milioni di vaccini ai paesi a basso reddito. Una goccia nel mare se si considera che ciò si traduce in 50 milioni di vaccinati: in Africa, per fare un esempio, vivono 1,3 miliardi di persone. La Presidente della Commissione Ue ha anche detto: «obiettivo di questo vertice è mettere sotto controllo la pandemia ovunque, assicurare che i vaccini vengano dati a tutti, ovunque, attraverso le esportazioni ma anche condividendo la capacità di produzione». Niente sospensioni di brevetti o clamorose decisioni che possano realmente sconvolgere l’approccio fin ora avuto.

Il diritto universale alla salute non viene mai citato neanche una volta. Il vero volto del vertice e dei suoi partecipanti è rivelato dal fatto che la “Dichiarazione” insiste affinché tali questioni vadano affrontate, nei prossimi mesi, nel quadro delle regole del WTO (l’Organizzazione mondiale per il commercio). Niente Nazioni Unite, niente Oms, soltanto regole e dibattiti inerenti al commercio internazionale. Oltre a ciò, al summit si è sostanzialmente deciso di non decidere: tutto viene rimandato al dibattito dei prossimi mesi e ai successivi incontri. L’unica cosa certa è che la pandemia globale (paragonata spesso ad una guerra) deve essere gestita secondo i canoni del mercato.

Nella “Dichiarazione” si parla spesso di «accesso equo e a prezzo abbordabile» agli strumenti di lotta contro la pandemia di Covid-19 (vaccini, trattamenti medici, diagnostica e strumenti di protezione individuale). Insomma, principio e obiettivo capitalistico secondo le classiche regole del mercato. L’unico diritto salvo è quello legato ai brevetti di proprietà delle multinazionali farmaceutiche.

[di Michele Manfrin]