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Usa vs Cina, il nuovo fronte della battaglia per la supremazia si gioca sullo spazio

La Cina festeggia con gioia un importante traguardo spaziale: la missione Tianwen-1 è riuscita a depositare con successo il rover cinese sulla superficie di Marte. La missione mira a sondare a fondo la zona nota come Utopia Planitia, un’area in cui sarà forse possibile rinvenire tracce delle forme di vita che hanno abitato il pianeta, nonché depositi di ghiaccio che potranno certamente tornare utili qualora decidessimo effettivamente di portare avanti la colonizzazione umana. Il mondo accademico è universalmente entusiasta, ma altrove il clima è drasticamente diverso.

Più vicini ai nostri lidi, nell’orbita terrestre, la Cina sta imbastendo la Tiangong Space Station (TSS), una stazione orbitale che vuole proporsi come alternativa alla International Space Station (ISS), ma un’alternativa le cui redini saranno tenute strettamente nelle mani del Partito Comunista Cinese. L’Intelligence statunitense guarda da vicino il programma, identificandolo in un rapporto [1]come una minaccia prioritaria alla sicurezza statunitense.

La posizione allarmista adottata dal documento è squisitamente cristallina nel sottolineare come una tale struttura possa costituire un problema: «Beijing si sta impegnando per raggiungere o superare le possibilità statunitensi nello spazio, così da ottenere benefici militari, economici e di prestigio». In pratica, gli USA rischiano di essere surclassati, il che fa suonare gli allarmi.

Per contrastare questa “minaccia”, l’Intelligence a stelle e strisce propone dunque di investire nelle operazioni controspaziali, giustificando una simile presa di posizione asserendo non sia altro che una dovuta risposta alle basi missilistiche cinesi le quali, avverte il Pentagono da anni [2], potrebbero essere usate per attaccare i satelliti americani. 

A gettare benzina sul fuoco c’è il fatto che, al di là del mondo prettamente accademico, Cina e USA non si confrontino adeguatamente sulle rispettive strategie, un intoppo comunicativo che, stando alle parole di Steve Jurczyk [3], uomo a capo della NASA fino a qualche settimana fa, ha radici nella politica a stelle e strisce, la quale ha impedito alla propria agenzia aerospaziale di creare un dialogo con l’omologa cinese.

Due differenti report [4]indipendenti [5], sollevano qualche dubbio sull’affidabilità di una simile paranoia, sottolineando come molte delle manovre spaziali belliche attribuite alla Cina non siano state adeguatamente verificate.

In tal senso, piuttosto, sembra invece molto attiva la Russia, la quale starebbe effettivamente imbastendo una fitta rete di armamentari capaci di abbattere o rendere inoperativi i satelliti che si muovono a basse altitudini. 

Perché dunque tutta questa enfasi anti-cinese? La spiegazione la si ritrova probabilmente nella dichiarazione fornita dall’Intelligence stessa, ovvero che i giganteschi investimenti della Cina nel ramo della tecnologia e dell’esplorazione spaziale stiano mettendo a rischio l’egemonia statunitense, cosa che dev’essere ostacolata con ogni mezzo. Un atteggiamento che trova il suo contesto nella strategia globale anticinese resa pubblica dall’amministrazione Biden con la recente approvazione dello Strategic Competition Act [6].  

[di Walter Ferri]